1. Il libro del Levitico, nel codice di santità, elenca tutti i peccati carnali che sono meritevoli di morte.
Per noi non si tratta di morte fisica, ma spirituale, e cioè che fanno perdere la vita di Dio nell’anima, la grazia.
2. Ecco ad esempio che cosa si legge nel Levitico:
“Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro” (Lv 20,13).
“L'uomo che si accoppia con una bestia dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia” (Lv 20,15).
Vengono menzionati poi vari peccati di incesto. Anche per essi è prevista come pena la morte.
3. In Tobia non si parla solo di adulterio, ma di fornicazione (rapporti tra persone libere, non coniugate). Vi si legge: “Guàrdati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione” (Tob 4,12).
4. Al cosiddetto vizio solitario pare che alluda il versetto di Siracide: “L’uomo che concupisce la propria carne non avrà pace finché il fuoco non lo consumi” (Sir 23,23).
A proposito di questo peccato va notato che non è presente nel medesimo modo in tutte le società.
È stato notato che dove i ragazzi già in età precoce assumono responsabilità e sono impegnati nel lavoro (in passato questo succedeva molto spesso anche nelle nostre zone) questo fenomeno quasi non esisteva. Avevano altro da pensare.
5. Il Catechismo Romano del Concilio di Trento spiega il cambiamento delle parole: “Adulterio è la violazione del legittimo matrimonio, proprio o altrui. Un marito che abbia rapporti con una donna non sposata viola il proprio vincolo coniugale; un individuo non coniugato che abbia rapporti con una donna maritata viola il vincolo di altri.
Con la proibizione dell'adulterio Dio ha inteso vietare ogni peccato disonesto e impudico. Ciò risulta chiaramente dalla Scrittura, dove il Signore punisce altri generi di peccati impuri che non sono propriamente l'adulterio; nella Genesi viene condannata la nuora di Giuda (cfr. Gn 38,24; nel Deuteronomio è proibito alle israelite di farsi meretrici (cfr. Dt 23,17; Tobia esorta il figlio a guardarsi da ogni atto impuro (cfr. Tb 4,13; nel Siracide infine è scritto: “Vergògnati… dello sguardo su una donna scostumata” (Sir 41,21)” (Catechismo Romano, n. 334).
6. E ne porta la motivazione: tra i peccati di impurità è il più grave perché include anche un’ingiustizia nei confronti della persona cui si legati in matrimonio.
“Se fra tanti peccati il comandamento nomina esplicitamente l'adulterio è perché, oltre alla bruttura che ha in comune con tutte le altre forme di impudicizia, esso implica anche un peccato di ingiustizia nei confronti di altri, individuo e società” (Ib.).
7. E soggiunge: “E anche perché il cristiano che non difende su tutti gli altri punti la sua purezza finirà col non spaventarsi neanche di questo delitto.
Nella proibizione dell'adulterio è implicita la condanna di ogni atto impuro e di ogni desiderio malsano, avendo Gesù affermato: “Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,27-28)” (Ib.).
8. Come vedi, Gesù va ben al di là dell’adulterio in senso materiale. Parla di adulterio spirituale quando proibisce di guardare una donna per desiderarla, e cioè per usarne come di un oggetto, come si fa quando si usa di una donna di strada.
Nell’insegnamento del Signore la donna guardata in tal modo non diventa una donna di strada.
Ma chi la guarda con tale scopo è del tutto identico a chi cerca le donne di strada. Da un punto di vista umano è miserabile ed è spregevole a se stesso.
E da un punto di vista spirituale si è già separato da Dio.
9. Infine non c’è da meravigliarsi per il mutamento di linguaggio perché qui la Chiesa presenta i comandamenti in formula catechistica e pertanto da memorizzare con una certa facilità.
Il decalogo come è stato presentato da Dio è molto, molto più lungo.