di Franca Giansoladati
da Il Messaggero
Charlie Gard, 10 mesi, è una bandiera pro life. Un caso ormai politico destinato a fare riflettere il mondo intero. Etica, fede, scienza, politica si misurano senza tregua in una escalation crescente tra distinguo, incertezze, promesse, robusti interventi. Dove finiscono le cure e dove inizia l’accanimento terapeutico? Un tribunale può decidere la morte di un bambino? Domande pesanti come macigni. I confini sono labili e in quella zona grigia, quasi impalpabile, dove l’attesa della morte del malato terminale è sottoposta all’incedere di un tempo dilatato, non smettono di affiorare posizioni differenti e iniziative politiche.
Non è più solo una questione di sfumature. Ha molto colpito la posizione granitica della Chiesa ortodossa russa intervenuta per protestare contro i tribunali europei per avere dato la facoltà all’ospedale inglese di staccare le macchine al piccolo Charlie e di non consentire al piccolo di essere trasportato altrove.
«Una decisione mostruosa da parte del Tribunale dei diritti umani che dimostra la profondissima crisi del concetto di protezione dei diritti umani. Oggi il diritto alla vita porta dritto al diritto a morire» ha commentato il Metropolita Hilarion, il capo del dipartimento estero del Patriarcato russo, il quale si chiede come mai in uno Stato democratico come la Gran Bretagna, «nel 21esimo secolo, una famiglia sia bloccata in una clinica a causa della decisione di una corte e non può dirigersi in un’altra clinica». Hilarion ha pochi dubbi «sul sadismo nascosto dai toni umanitari. Una presa in giro oltre che una violazione alla coscienza dei famigliari del piccolo Charlie visto che negli Usa ci sono medici pronti a curarlo e a finanziare tutto». La Chiesa ortodossa assicura poi preghiere ai genitori del bambino. «Siamo perplessi per il fatto che in Occidente si proclama sempre che la vita umana è un valore assoluto, ma poi l’uccisione di persone gravemente malate, compresi bambini, sta diventando una realtà legalizzata».