È con grande amarezza che pubblichiamo oggi la lettera inviata due mesi fa dal cardinale Caffarra con la richiesta di udienza per i quattro cardinali che lo scorso 16 settembre hanno firmato i Dubia. Nessuna risposta ai Dubia, nessuna risposta neanche ora.
Il Papa che non degna di un cenno dei cardinali, che non risponde alle lettere e alle richieste di udienza: credo non ci siano precedenti, almeno nella storia della Chiesa degli ultimi secoli. Tanto più pesante è questo silenzio quanto più si pensi alle telefonate, alle lettere, alle udienze che in gran quantità papa Francesco concede a tantissime persone, di ogni tipo. È difficile non leggere questo atteggiamento come una volontà di mortificare, di umiliare dei cardinali che vengono percepiti come un ostacolo a un disegno di riforma.
Però il motivo di questo atteggiamento è incomprensibile: il Papa può essere sicuramente in disaccordo con i quattro cardinali, può anche mal digerire la loro insistenza nel far notare le incongruenze della Amoris Laetitia e di tante sue interpretazioni; ma perché evitare di dirglielo apertamente, perché ignorare totalmente la loro esistenza? Forse che un cardinale, qualsiasi cardinale, non può nutrire perplessità su alcuni atti del Papa? E per questo non ha neanche diritto ad avere una risposta alla richiesta di incontrare il Papa?
Sappiamo che ci sono i soliti “cantori della rivoluzione”, dal cardinale Marradiaga ad Alberto Melloni e altri, che non perdono occasione per irridere i quattro cardinali e descrivere la loro come una posizione totalmente isolata, rappresentanti solo di se stessi. Ma anche fosse così – e non lo è – in quanto cardinali non hanno diritto di incontrare il Papa?
Oltretutto non è così, dicevamo: la posizione dei quattro cardinali è tutt’altro che isolata. Lo stesso cardinale Caffarra, nella lettera che pubblichiamo, citando alcuni fatti precisi si fa portavoce di tanti che nella Chiesa in questi mesi hanno espresso disagio e smarrimento per quanto sta avvenendo, per quello che viene percepito come un attacco ai sacramenti e ai pilastri della Chiesa cattolica.
E il fatto che non si tratti di pochi, anziani, isolati cardinali lo dimostra anche il fatto che in occasione della nomina dei nuovi cardinali la prossima settimana, papa Francesco non abbia convocato per la seconda volta consecutiva il “Concistoro segreto”, ovvero quell’incontro consuetudinario in cui il Papa incontra i soli cardinali a porte chiuse per un franco scambio di idee sulla situazione della Chiesa e anche su temi precisi. Anche questo è un atteggiamento senza precedenti nella storia recente della Chiesa. L’impressione è che voglia evitare qualsiasi confronto con i cardinali, tutti i cardinali.
Oltretutto, ad aumentare il senso di disagio è il fatto che questo atteggiamento sprezzante del Papa nei confronti di chi ha firmato i Dubia è in contrasto con tutta la sua predicazione. Prendiamo ad esempio la sua recente udienza alla Congregazione per il clero, quando ha raccomandato la vicinanza dei vescovi ai propri sacerdoti: «Quante volte io ho sentito le lamentele di sacerdoti… (…): ho chiamato il vescovo; non c’era, e la segretaria mi ha detto che non c’era; ho chiesto un appuntamento; “È tutto pieno per tre mesi…”. E quel prete rimane staccato dal vescovo. Ma se tu, vescovo, sai che nella lista delle chiamate che ti lascia il tuo segretario o la tua segretaria ha chiamato un prete e tu hai l’agenda piena, quello stesso giorno, alla sera o il giorno dopo – non di più – richiamalo al telefono e digli come sono le cose, valutate insieme, se è urgente, non urgente… Ma l’importante è che quel prete sentirà che ha un padre, un padre vicino. Vicinanza. Vicinanza ai preti. Non si può governare una diocesi senza vicinanza, non si può far crescere e santificare un sacerdote senza la vicinanza paterna del vescovo».
Ma se la vicinanza è un dovere dei vescovi con i sacerdoti, non dovrebbe valere anche per il Papa con cardinali e vescovi?