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Abbattere i bastioni, seppellire Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Un’analisi di cosa sta avvenendo
NEWS 31 Maggio 2017    

Abbattere i bastioni, seppellire Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Un’analisi di cosa sta avvenendo

Di seguito ampi stralci dell'articolo di Matthew Schmitz dal titolo Burying Benedict (Seppellire Benedetto) apparso apparso sulla rivista statunitense First Things e riproposto da La Nuova BQ

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Sebbene Benedetto sia ancora in vita, Francesco sta tentando di seppellirlo. Da quando è stato eletto nel 2013, Francesco ha iniziato a perseguire un’agenda che Joseph Ratzinger aveva osteggiato in tutta la sua carriera. La sottolineatura sulla pastorale in opposizione all’aspetto dottrinale, la promozione di differenti discipline e approcci dottrinali nelle chiese locali, l’apertura della comunione ai divorziati-risposati – tutti questi progetti erano stati soppesati e rigettati da Ratzinger più di 10 anni prima, in un acceso dibattito con Walter Kasper. Nel bene o nel male, ora Francesco cerca di annullare Ratzinger.

Il conflitto iniziò con una lettera del 1992 che riguardava “gli elementi fondamentali che devono essere ritenuti fermi” quando i teologi cattolici compiono il loro lavoro. Alcuni teologi avevano suggerito che, mentre la dottrina può essere universale e immutabile, essa però potrebbe essere piegata per venire incontro alle differenti realtà pastorali […]

Per mettere in guardia da quest’idea, Papa Giovanni Paolo II e Ratzinger […] avevano insistito sul fatto che la Chiesa universale è “una realtà ontologicamente e temporalmente precedente ad ogni Chiesa particolare” […].

Dietro questo dibattito apparentemente accademico circa la Chiesa locale e universale, sorse un disaccordo sulla comunione ai divorziati-risposati. Nel 1993 Kasper sfidò Giovanni Paolo, affermando che ciascun vescovo dovrebbe poter decidere se dare o meno la comunione ai divorziati-risposati. Frenando la possibilità di intenderlo come un cambiamento di dottrina, il cardinale disse che ci sarebbe dovuto essere “uno spazio per una pastorale flessibile nei casi individuali complessi”.

Nel 1994, il Vaticano rigettò la proposta di Kasper con una lettera firmata da Ratzinger. “Se i divorziati sono civilmente risposati, si trovano in una situazione che oggettivamente contraddice la legge di Dio. Di conseguenza, essi non possono ricevere la santa comunione fino a quando questa situazione persiste”. Kasper non era disposto ad arrendersi. In un Festschrift (volume pubblicato in onore di qualcuno, nd..t.), criticò la lettera del Vaticano del 1992 e ribadì la legittima indipendenza delle Chiese locali.

Ratzinger rispose l’anno seguente a titolo personale […]. Egli descrive la Chiesa come “una storia d’amore tra Dio e l’umanità”, che tende verso l’unità. Egli percepisce il Vangelo come una specie di nona sinfonia teologica, in cui tutta l’umanità è raccolta insieme nell’unità:

L’idea basilare della storia sacra è quella di raccogliere insieme, di riunire gli esseri umani nell’unico corpo di Cristo, di realizzare l’unione degli uomini e attraverso gli uomini di tutta la creazione con Dio. C’è una sola sposa, un solo corpo di Cristo, non molte spose e neppure molti corpi.

La Chiesa non è “semplicemente una struttura che può essere cambiata o distrutta a piacere, che potrebbe non avere nulla a che fare con la realtà della fede in quanto tale”. Una “forma di corporeità appartiene alla Chiesa stessa”. Questa forma, questo corpo, deve essere amato e rispettato e non torturato.

Qui si inizia a vedere come la questione dell’universalità della Chiesa riguarda altre questioni apparentemente non collegate, come la Comunione e i divorziati-risposati. Ratzinger cita la prima lettera ai Corinti, dove Paolo descrive l’unità della Chiesa nei termini dei due sacramenti – Comunione e matrimonio. Come due diventano una carne nel matrimonio, così nell’Eucaristia i molti diventano un solo corpo […]

I collegamenti che Paolo delinea tra matrimonio, Eucaristia e unità della Chiesa dovrebbero servire come un avvertimento per chiunque volesse alterare uno dei tre […]

La replica di Kasper giunse con un saggio pubblicato in inglese dalla rivista America. Si tratta della prima e più sintetica espressione di ciò che sarebbe divenuto il programma di Papa Francesco. Inizia con una distinzione capitale: “Sono arrivato alla mia posizione non partendo da ragionamenti astratti ma dall’esperienza pastorale”. Kasper quindi denuncia “l’ostinato rifiuto della Comunione a tutte le persone divorziate e risposate, e le regole altamente restrittive circa l’ospitalità eucaristica”. Qui troviamo tutte le controversie dell’era Francesco, più di 10 anni prima della sua elezione […].

Sospeso sullo sfondo di questa disputa, come di molte dispute cattoliche, si trova la questione della liturgia. Ratzinger era già conosciuto come un avvocato della “riforma della riforma” – un programma che intende evitare la rottura liturgica, riconducendo lentamente la liturgia nella continuità con la sua forma storica. Kasper, al contrario, utilizza la rottura che ha seguito il Vaticano II per giustificare ulteriori cambiamenti nella vita cattolica: “La nostra gente è ben consapevole della flessibilità delle leggi e delle regole; ne ha fatto notevolmente l’esperienza nei decenni trascorsi. Ha vissuto attraverso cambiamenti che nessuno prevedeva e neppure si ritenevano possibili” […]

Il cardinale si lamenta che Ratzinger non la veda così: “purtroppo, il cardinale Ratzinger ha affrontato il problema della relazione tra Chiesa universale e Chiese locali da un punto di vista meramente astratto e teoretico, senza tener conto delle concrete situazioni ed esperienze pastorali” […]

I direttori di America invitarono Ratzinger a rispondere ed egli accettò, anche se a malincuore. La sua replica fa notare che il battesimo è un evento veramente trinitario; noi siamo battezzati non solamente nel ma dentro il nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Non siamo resi membri di una delle varie associazioni cristiane locali, ma veniamo uniti a Dio. Per questa ragione, “chiunque viene battezzato nella chiesa in Berlino è sempre a casa nella Chiesa presente a Roma o a New York, a Kinshasa o a Bangalore o in qualunque altro posto, come se lui o lei fossero stati battezzati lì. Lui o lei non hanno bisogno di cambiare l’indirizzo; si tratta dell’unica e medesima Chiesa”.

Kasper chiuse il dibattito nel 2001 con una lettera al direttore, nella quale sosteneva che “non si può essere assolutamente in errore nel chiedere azioni concrete, non nella vita politica, ma in quella pastorale”. La controversia sembrò finire. Ratzinger divenne Papa e la linea di Kasper fu dimenticata.

Dodici anni più tardi, il neo-papa eletto Francesco diede nuova vita alla proposta di Kasper. Nel suo primo Angelus, Francesco elogiò Kasper, reintroducendolo nella Chiesa universale come “un buon teologo, un teologo di talento”, il cui ultimo libro venne considerato dal Papa “molto buono”. Noi ora sappiamo che Francesco aveva letto attentamente Kasper per molti anni. Sebbene egli sia solitamente raffigurato come spontaneo e non ideologico, Francesco ha costantemente portato avanti l’agenda che Kasper aveva delineato dieci anni prima.

Di fronte a questo cambiamento, Benedetto ha mantenuto un pressoché perfetto silenzio. Difficilmente c’è bisogno di aggiungere qualcosa a parole nelle quali aveva sonoramente rigettato il programma di Kasper e Francesco. Eppure la difficoltà resta. A memoria d’uomo, nessun Papa si è così direttamente opposto al suo predecessore – che, in questo caso, abita appena in cima al colle. Questo il motivo per cui i sostenitori dell’agenda di Francesco si innervosiscono ogni volta che Benedetto parla, come ha fatto di recente in elogio del cardinal Sarah […].

E così i due Papi, quello attivo e l’emerito, quello che parla e quello silenzioso, restano in disaccordo. Alla fine non è importante chi è l’ultimo o chi parla di più; ciò che importa è chi pensa con la mente della Chiesa, che ha visto eresie senza numero andare e venire. Quando le affascinanti parole di Benedetto vengono paragonate alle banalità del suo successore, è difficile non notare una differenza: un Papa riecheggia gli apostoli, e l’altro ripete a pappagallo Walter Kasper. Poiché questa differenza nel parlare riflette una differenza nel credere, si può fare una previsione. Indipendentemente da chi morirà per primo, Benedetto sopravviverà a Francesco.

Traduzione di Luisella Scrosati