Tra tante osservazioni che si possono muovere a papa Francesco, devo ammettere che almeno in un caso non posso dargli tutti i torti. Nella sua affermazione per cui i teologi andrebbero tutti mandati su di un’isola deserta, trovo notevoli elementi di verità.
Ne ho avuto conferma qualche giorno fa, partecipando ad un convegno su Amoris Laetitia, organizzato da un’associazione “cattolica”, avente come grande ospite un noto “teologo cattolico”. Quella che segue è una breve cronaca della serata, seguita da alcuni, personalissimi dubia.
Il “teologo” se ne esordisce affermando che, assolutamente, bisogna “camminare con Francesco”. Attenzione, ammonisce, ci sono alcuni, nella Chiesa, che “non camminano con Francesco”! Spiega poi, che il matrimonio come noi lo conosciamo è un’invenzione del Codice di diritto canonico del 1917, insomma, un retaggio della cultura ottocentesca. Quanto alla nullità, è un’invenzione dei canonisti per risolvere le situazioni sottobanco. Avete presente i bambini, che giocano solo se vincono, e se perdono dicono “non gioco più?”. Ecco, con la nullità la Chiesa vince sempre! E poi, avete presente quanto era oppressiva la famiglia di una volta? Avete presente i romanzi di Dickens? Sarebbe ora che i canonisti si decidessero a rendere il matrimonio più “funzionale”. Del resto, prima dell’ Ottocento, la Chiesa non ha mai parlato di famiglia, ma solo di matrimonio, inteso come mero rapporto di coppia. La Chiesa deve lasciare che sia lo Stato ad occuparsi di matrimonio, decidendo anche dell’esistenza o meno del vincolo.
Assicuro che non una virgola è stata inventata: tutto questo è stato detto davvero.
A quel punto, domande. Si alza uno spettatore. Fa notare che in tutta la serata il “teologo” non ha mai, nemmeno una volta, nominato Gesù Cristo. Non appena quel nome viene pronunciato, il “teologo” fa visibilmente un balzo sulla sedia, come se avesse preso un pugno nello stomaco. Un successivo intervento ribadisce il concetto e cita il Vangelo: “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito”.
A quel punto il “teologo” ha una vera e propria crisi di rabbia. Volano insulti: “fondamentalisti!”, “leggete la Bibbia da dilettanti!”, “siete come i Testimoni di Geova!”.
L’unica cosa che riesce a calmarlo è l’intervento di una tale che si presenta così: “Sono un prete sposato con una donna divorziata”. Il “teologo” esulta. Il prete-sposato-con-donna-divorziata, però, non si accontenta di vincere, vuole stravincere, e si dilunga a parlare della tragedia, da lui sperimentata quando era missionario in Africa, costituita dal fatto che i poligami non potessero fare i catechisti. Il “teologo”, plaudente, si lancia nell’ipotizzare l’introduzione di dispense ad hoc. Insomma, dopo il divorzio, pure la poligamia?
A quel punto, si alza un prete (non sposato), ed è visibilmente contrariato. Per prima cosa, dice di considerare inaccettabile che chi ha solo citato il Vangelo venga definito “fondamentalista”. Poi sostiene che il “teologo” si sia spinto molto oltre le reali intenzioni di Amoris Laetitia: non si è minimamente presa in analisi la parte in cui si parla del rapporto fra Vangelo e cultura ed il fatto che in questo confronto è la cultura a dover essere evangelizzata. Del resto, se così non fosse, non si capirebbe il perché della Rivelazione, dell’Incarnazione del Verbo. Il “teologo”, che già più volte, visibilmente innervosito, aveva cercato di troncare la parola al prete, non si trattiene più: “il Vangelo va letto alla luce di Amoris Laetitia!”, grida furibondo. Non sto inventando. Giuro.
Il prete prega di non interrompere, non avendo ancora finito. Essendo un canonista, osserva che non si è minimamente tenuto conto della lunghissima tradizione del diritto canonico e che trova offensivo che si sia parlato di cose fatte sottobanco. Nuove urla da parte del “teologo”: “Voi schiacciate le persone!”. La serata finisce fra le sue urla.
Passiamo ora ai dubia.
Iniziamo dal fondo, ovvero, dalla reazione, incredibilmente violenta, che il personaggio ha avuto al solo nominare Gesù Cristo e il Vangelo, nonché dall’incredibile mancanza di rispetto che ha, senza alcun ritegno, dimostrato, nei confronti di un sacerdote. Non è solo una questione di cafoneria e nemmeno di palese incapacità a sostenere un contradditorio. Di fatto, mi sembra di constatare una visione della Chiesa come burocrazia autoreferenziale avente come unico fine la propria autoconservazione. Solo così mi sembra si possa spiegare la mirabolante pretesa di trasformare il Vangelo in un privilegio per pochi, un testo interpretabile correttamente solo da una ristretta cerchia di studiosi, per cui i comuni mortali, i “dilettanti”, non si devono azzardare a citarne il contenuto per quello che è, senza passare per le fumisterie degli iniziati. Cosicchè un testo del 2016 diventa la chiave per decretare cosa voleva dire veramente Gesù Cristo, anziché essere la Parola di Cristo ad essere metro di valutazione di Amoris Laetitia e di tutte le tonnellate di carta che ad essa si riferiscono.
In tal modo, però, e questo è il fatto più inquietante, la Chiesa si riduce al potentato personale di un uomo. Il riferimento ossessivo alla necessità di “camminare con Francesco” in un discorso in cui Gesù Cristo è, invece, totalmente assente, non può non far sorgere il terribile sospetto che questa burocrazia chiamata Chiesa non sia più votata alla testimonianza della Resurrezione del Cristo, ma al perseguimento dei piani personali di un signorotto.
Oltretutto, questi piani sembrano ben miseri, riducendosi, in definitiva, nel farsi accordare il permesso di esistere dai poteri mondani a patto di non disturbarli e rimanersene chiusi nella propria autoreferenzialità. Ecco, dunque, la decisione di lasciare allo Stato l’esclusiva sul matrimonio, ormai solo una zavorra che intralcia il perseguimento del quieto vivere, ed il livore nei confronti dei canonisti, visti come nient’altro che una lobby rivale che si opporrebbe al piano geniale di papa Francesco solo per il proprio interesse particolare.
A questo punto, il Vangelo e la Persona di Gesù Cristo possono solo essere visti come un ostacolo a questo progetto, come qualcosa di scomodo da nascondere dietro una cortina di fumo, e con essi la storia reale della Chiesa, quella del matrimonio e quella del diritto canonico, su cui non a caso il “teologo” ha deliberatamente mentito per tutta la serata, confidando, nel suo evidente disprezzo per i non iniziati, che fossero tutti troppo ignoranti per accorgersene.
E veniamo al “testo incriminato”: il bravo prete caduto vittima delle ire del personaggio ha affermato che l’interpretazione del testo data da quest’ultimo non fosse corretta. In effetti, il testo è talmente ambiguo ed in certi casi talmente di difficile comprensione, che se ne può dire tutto ed il contrario di tutto. Proprio per questo, però, ha dato adito alle interpretazioni deliranti di cui si è appena dato un saggio. E ci viene da chiedersi, in tutta parresia, se il Pontefice ci è o ci fa. Su questo blog si possono ancora trovare gli articoli del sottoscritto, risalenti al 2013, in cui si cercava di difendere papa Francesco e la sua buona fede. Non posso più nascondere che, dopo quattro anni di pontificato, data la totale mancanza, da parte del diretto interessato, del benché minimo tentativo di dissipare i supposti equivoci ed anzi, di fronte al loro continuo moltiplicarsi ed aggravarsi, di questa fiducia non sia rimasto granchè.