Di seguito le conclusioni dell'intervento di Claudio Pierantoni, docente di filosofia medievale all'Università del Cile, al convegno internazionale «A un anno dall'Amoris Laetitia. Fare chiarezza». (qui il testo integrale)
[…] dal confronto della situazione attuale con quella dei precedenti “papi eretici”, emerge una somiglianza, ma anche una netta differenza. La somiglianza è data dal fatto che in tutti e tre i casi, in fondo, quello che si ricerca è una formula di compromesso, una soluzione politica che possa riscuotere il maggior numero di consensi, senza peròapprofondire il suo contenuto veritativo e la sua coerenza con la Tradizione. La storia insegna che questi tentativi sono destinati al fallimento, perché il successivo sviluppo della riflessione fa inevitabilmente venire a galla le contraddizioni che si era cercato di dissimulare.
La differenza essenziale che invece notiamo fra la situazione antica e la moderna è invece la seguente. Senza togliere nulla né alla gravità delle antiche controversie trinitarie e cristologiche, né alla drammaticità degli eventi che coinvolsero Liberio e Onorio, né alle loro responsabilità, tuttavia, in confronto con la situazione attuale, le loro deviazioni dottrinali appaiono limitate a punti particolari, sia pure molto importanti, e derivate in gran parte, più che dalla mente eretica dei Pontefici, dalle pressioni politiche e da una terminologia teologica ancora in via di formazione.
Quello che invece salta all’occhio nella situazione attuale è proprio la deformazione dottrinale di fondo che, pur abile nello schivare formulazioni direttamente eterodosse, manovra tuttavia in modo coerente per portare avanti un attacco non solo contro dogmi particolari come l’indissolubilità del matrimonio e l’oggettività della legge morale, ma addirittura contro il concetto stesso della retta dottrina e, con esso, della Persona stessa di Cristo come Logos. Di questa deformazione dottrinale la prima vittima è proprio il Papa, che di essa, mi azzardo a ipotizzare, è assai poco consapevole, vittima di un’alienazione generalizzata ed epocale dalla Tradizione, in ampi strati dell’insegnamento teologico; dietro a lui, innumerevoli sono le vittime che cadono in inganno.
In questa situazione, i dubia, queste cinque domande presentate dai Quattro Cardinali, sono stati certamente un punto fondamentale di svolta, una potente luce di verità che si è proiettata su questo caos, e per questo li dobbiamo ringraziare profondamente. Per quanto siano pochi e apparentemente isolati, le loro domande sono comunque coraggioseaffermazioni di verità. In realtà, non sono solo loro che parlano, ma lo stesso Logos, “dalla cui bocca esce una spada affilata” (Apoc. 19,15). Ora, queste cinque domande hanno messo il Papa in una situazione di stallo. Se le rispondesse rinnegando la Tradizione e il Magistero dei suoi predecessori, passerebbe ad essere formalmente eretico, quindi non può farlo. Se invece le rispondesse in armonia con il Magistero precedente, contraddirebbe gran parte delle azioni dottrinalmente rilevanti compiute durante il suo pontificato, quindi sarebbe una scelta molto difficile. Ha scelto quindi il silenzio perché, umanamente, la situazione può apparire senza uscita. Ma intanto, la confusione e lo scisma de facto si estendono nella Chiesa.
Alla luce di tutto ciò, si rende quindi più che mai necessario, un ulteriore atto di coraggio, di verità e di carità, da parte dei Cardinali, ma anche dei Vescovi e poi di tutti i laici qualificati che volessero aderirvi. In una situazione così grave di pericolo per la fede e di scandalo generalizzato, è non solo lecito, ma addirittura doveroso per l’inferiore correggere fraternamente il superiore, sempre che si faccia nella carità; neppure l’obbedienza gerarchica o religiosa può essere utilizzata, in questo caso di pericolo generale, come una scusa per tacere la verità.
È necessaria insomma una correzione fraterna francamente rivolta a Pietro, per il suo bene e quello di tutta la Chiesa. Alcuni, a proposito di questa ventilata correzione fraterna al Papa, hanno manifestato il timore che essa potrebbe portare a uno scisma formale. Ma a ben riflettere, questo timore si rivela del tutto infondato. Infatti, dello scisma formale mancano tutte le condizioni. Non risulta, per cominciare, che nessuno dei Cardinali voglia sostenere che Francesco non sia il Papa, né ancor meno, che qualcuno voglia farsi eleggere antipapa. Lo scisma vero, che aumenta ogni giorno, è invece quello di fatto, che solo una correzione potrebbe frenare.
Una correzione fraterna, infine, non è né un atto di ostilità, né una mancanza di rispetto, né una disobbedienza. Non è altro che una dichiarazione di verità: caritas in veritate. Il Papa, ancor prima di essere papa, è nostro fratello, e questo è quindi un primordiale dovere di carità nei suoi confronti. Del suo destino ci sarà chiesto conto, come anche di quello di tutti coloro che si affidano alla sua guida. L’empio, dice Dio attraverso il profeta Ezechiele, “morirà per il suo peccato”, ma se tu, sentinella, non lo avverti, “della sua morte chiederò conto a te” (Ezech. 33,8).
Fratelli cristiani: Cardinali, Vescovi, Sacerdoti, professori, amici tutti. Cristo è venuto al mondo “per rendere testimonianza alla Verità” (Giov. 18,37). A noi non resta che seguirlo, rendendo testimonianza alla verità; non domani, ma oggi, “finché dura il giorno” (Giov. 11,9). Il tempo, ormai, “ha ammainato le vele” (I Cor 7,29).