di Luca Liverani su «l'Occidentale»
“Scampato il rischio di una “legge Englaro” – che avrebbe consentito ai familiari di dettare le presunte volontà del malato incosciente – la legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) resta “una via italiana all’eutanasia”.
“Se il Senato non introdurrà l’obiezione di coscienza – dice Eugenia Roccella – e se non verranno tolte dalle terapie l’idratazione e l’alimentazione e cancellata la vincolatività delle Dat, questa continua a essere una legge non votabile”. L’ex sottosegretario alla Salute, oggi deputata di Idea, non ha dubbi.
Perché “una via italiana all’eutanasia?” Non è troppo severa?
Non lo dico io, l’ha dichiarato Maria Antonietta Coscioni: di Dj Fabo ha detto che non era necessario portarlo a morire in Svizzera, sarebbe bastata la sottrazione di idratazione e alimentazione, poi la sedazione palliativa profonda, cioè la via italiana all’eutanasia, l’ha detto e ripetuto. E il Parlamento sta sostanzialmente avallando tutto questo. La legge è stata rovesciata: da “dichiarazioni anticipate”, che il medico non aveva l’obbligo di seguire, siamo arrivati a disposizioni assolutamente vincolanti. E il Pd è stato più ragionevole di quanto non siano stati i 5 Stelle: il vero squilibrio l’hanno prodotto loro.
Era del M5S “l’emendamento Englaro”? Cosa chiedevano?
Siamo riusciti a evitarlo, non arriverà in aula. I 5 Stelle chiedevano che “in assenza di Dat, ove la persona non sia in grado di autodeterminarsi e non abbia l’amministratore di sostegno, il medico è tenuto a consultare il coniuge, il convivente, i figli o in mancanza gli ascendenti o altri familiari per tenere conto della volontà del paziente eventualmente manifestata in precedenza”. Il medico in sostanza avrebbe potuto decidere dopo una chiacchierata con un familiare. E la tanto decantata autodeterminazione? Come il padre di Eluana, che sosteneva che la figlia non avrebbe voluto vivere così. Sono tentativi continui, puntuali, ostinati, tenaci dei 5 Stelle più ancora che di Sinistra italiana – per una legge di tipo eutanasico. La loro impostazione culturale non contempla il favor vitae: per loro diritto alla vita o diritto alla morte sono equivalenti.
Questo testo non prevede l’obiezione di coscienza per i medici.
Gli emendamenti per introdurla sono stati già bocciati. La soluzione proposta dal Pd è un “alleggerimento” della vincolatività. Com’è noto, il comma 7 dell’articolo 1 dice che il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente ed è esente da responsabilità civile e penale. Cioè non è perseguibile, di fatto si legittima l’eutanasia passiva. L’attenuazione introdotta sta nel passaggio in cui si dice che il paziente non può chiedere trattamenti contrari alla legge, o alla deontologia professionale, o alle buone pratiche clinico – assistenziali. È un bilanciamento all’obbligo, una via di uscita per il medico, che in questi tre casi può opporsi, ma non lo mette al riparo da ricorsi.
Nessuna eccezione per gli ospedali non statali?
Il testo stabilisce che ogni azienda sanitaria, pubblica o privata, deve garantire la piena e corretta attuazione della legge. È stato bocciato l’emendamento che dava alle strutture non statali, sostanzialmente quelle cattoliche, di essere esonerate da pratiche non corrispondenti a proprie carte dei valori. E questo sarà un problema per gli ospedali cattolici”.