Da quando un’ondata di profughi provenienti da paesi prevalentemente islamici si è riversata in Europa o in Libano, migliaia di musulmani si stanno convertendo al cristianesimo e molte chiese devono far fronte a centinaia di richieste di battesimo. Il tema è estremamente sensibile, sia perché in quasi tutti i paesi arabi il reato di apostasia è punito con l’esecuzione capitale, sia perché c’è il sospetto che la conversione venga usata dai profughi come mezzo per ottenere più facilmente asilo politico. Resta il fatto che il fenomeno è importante e in continua crescita.
LIBANO. Quando nel 2011 è scoppiata la guerra civile in Siria, Abu Radwan è scappato a Beirut insieme alla moglie e i due figli. Nel 2013, ha dichiarato l’uomo al Global Post, Gesù gli è apparso in sogno promettendogli di salvarli. «Da allora ho cominciato ad andare in chiesa e dopo sette mesi mi sono convertito insieme ai miei». Da allora frequenta la chiesa tutte le settimane ma cerca di non farsi riconoscere per paura di essere ucciso. Un giorno, mentre usciva da Messa, un gruppo di siriani l’ha assalito e accoltellato. Abu Radwan ha scampato la morte ma ora ha paura. La moglie continua a portare il velo fuori dalla chiesa e lui vuole andarsene dal Libano: «Non posso tornare in Siria, la mia tribù mi ucciderebbe. Sono stati loro ad attaccarmi, dopo aver saputo che mi sono convertito. Io però sono felice e se morissi davanti alla chiesa, morirei in pace».
«TUTTI HANNO IL DIRITTO DI CONVERTIRSI». Ad averlo accolto e aiutato con un sussidio di 200 dollari al mese è la Chiesa ortodossa siriana. Il vescovo George Saliba ha già battezzato circa 100 musulmani dal 2011: «Tutti qui hanno il diritto di convertirsi e noi apriamo le porte a ciascuno, cercando di verificare che la conversione sia sincera». Un pastore protestante, che preferisce restare anonimo, spiega la Bibbia a decine di rifugiati musulmani: «Insegno il cristianesimo a chiunque lo desideri. Non posso dire il numero di battesimi che facciamo, ma abbiamo decine di corsi come il mio ai quali partecipano tanti rifugiati».
IL FUNERALE DI ALI. Ibrahim Ali viene da Aleppo e si è fatto battezzare nella chiesa anglicana di Dio. A studiare la Bibbia insieme a lui, racconta al Telegraph, «c’erano decine di musulmani siriani e iracheni. Conosco centinaia di musulmani che si sono convertiti». Il pastore Said Deeb riconosce che molti lo avvicinano solo per ottenere un vantaggio per il visto di espatrio: «Io accolgo tutti e anche se all’inizio vogliono solo avere un’occasione in più per andarsene, poi vediamo che Dio col tempo cambia il loro cuore. Inoltre, non costringiamo nessuno a battezzarsi». Chi lo fa, affronta molti problemi: «Le famiglie di tanti musulmani mi chiamano e mi minacciano di morte perché ho contribuito alla “apostasia” dei loro familiari». La famiglia di Ali, ancora ad Aleppo, dopo aver saputo della sua conversione ha organizzato il suo funerale pubblicamente: «Piuttosto che accettarmi come cristiano, preferiscono dire che sono morto», rivela.
Molti musulmani pensano che convertirsi al cristianesimo possa aiutarli a ottenere un visto per l’Occidente, ma i dati dicono che non è vero. Nel 2016, ad esempio, i rifugiati accolti dagli Stati Uniti erano nel 99,5 per cento dei casi di religione musulmana. In Gran Bretagna, le persone accolte appartenevano all’islam nel 98,5 per cento dei casi.
GERMANIA. Un altro paese in cui sono avvenute migliaia di conversioni è la Germania, dove solo nel 2015 sono arrivati più di 900 mila rifugiati. L’anno scorso, un filmato diffuso dalla chiesa evangelica di Berlino Freikirchlichen, mostrava il battesimo di quattro musulmani, i quali prima di essere immersi nell’acqua affermavano: «Credo dal profondo del mio cuore che Gesù Cristo è il mio Dio e salvatore e lo seguirò ogni giorno della mia vita». Il pastore, Matthias Linke, non ci vede nulla di strano: «Vengono dall’Iran, dalla Siria, dall’Iraq e per la prima volta possono scegliere la loro religione liberamente», dichiara all’Afp. «Scelgono il cristianesimo perché è una religione di libertà».
PAURA DELLA PERSECUZIONE. Anche la chiesa cattolica ne accoglie tanti. Felix Goldinger, sacerdote a Speyer, spiega che tanti «hanno passato momenti terribili e hanno trovato nel cristianesimo una religione di amore e rispetto della vita». Sa che alcuni potrebbero volersi convertire solo per ottenere lo status di rifugiati, ma «noi verifichiamo che si convertano davvero. Io vedo che chi viene battezzato torna qui tutte le settimane per la Messa». Diventare cristiano, oltre tutto, è molto difficile per un musulmano. Adel viene dall’Iraq e si è fatto battezzare a gennaio del 2016 a Berlino. Dice che «è stato il giorno più bello della mia vita», ma non lo ha rivelato a nessuno «per paura di essere perseguitato dagli altri rifugiati musulmani», rivela al Berliner Morgenpost.
«DELUSI DALL’ISLAM». I più attivi nell’opera di conversione sono gli evangelici, scrive l’Indipendent. La Ekd ne ha già convertiti centinaia, così tanti che ha addirittura pubblicato un opuscolo per consigliare ai pastori come comportarsi in questi casi. La chiesa della Trinità di Berlino è passata in poco tempo da 150 a 700 fedeli. La congregazione evangelica luterana di Berlino, riporta il periodico tedesco Stern, ha battezzato dal 2012 oltre 1.200 musulmani. Un’altra congregazione ha accolto 500 convertiti solo nel 2016. Il pastore Albert Babayan non ha dubbi sulla sincerità dei nuovi fedeli: «Nessuno è obbligato ad entrare e se vedo che qualcuno non è convinto non lo battezzo. La verità è che sono delusi dall’islam. Certo, non esiste un modo per verificare la fede in modo oggettivo. Io non chiedo salmi o preghiere a memoria ma voglio sapere come l’incontro con Gesù ha cambiato la loro vita. Quando scopro che persone terrorizzate dalla guerra hanno finalmente ritrovato la serenità per dormire o che qualcuno ha perdonato i suoi carnefici, allora so che sono cristiani».
«COSTRETTO A PREGARE ANCORA ALLAH». In Germania una conversione al cristianesimo potrebbe avere più valore che in Libano, perché rimandare un cristiano convertito in Iran o in Siria sarebbe pericoloso. Ma, dice Babayan, «il 10 per cento dei nostri nuovi fedeli è stato comunque espulso dal paese». Non c’è alcuna garanzia che diventare cristiani serva a qualcosa in termini pratici, di sicuro porta problemi anche in Germania. «Nell’islam vivevo nella paura del peccato e delle pene. Nel cristianesimo ho trovato pace e felicità», dichiara un nuovo fedele a Stern. Altri ora vivono nella paura: «Nella casa dove sono rifugiato continuo a pregare Allah con gli altri musulmani per timore di essere ucciso».
AUSTRIA. Anche in Austria, dove la Chiesa cattolica è molto attenta a verificare che nessuno si converta solo per convenienza, ci sono molte richieste. Solo nei primi tre mesi del 2016, il 70 per cento delle richieste di battesimi adulti riguardava musulmani rifugiati provenienti da Siria, Iraq, Eritrea e Iran. Si tratta di circa 250 persone. La Chiesa a Vienna prevede corsi obbligatori della durata di almeno un anno per insegnare e verificare la fede dei rifugiati: «A noi interessa solo chi crede davvero in Gesù», fa sapere la diocesi. «E dopo un percorso di un anno solo il 10 per cento abbandona».
«CHI SONO IO PER GIUDICARE?». Mohammed Eghtedarian è iraniano, musulmano convertito e curato della cattedrale anglicana di Liverpool. Qui è stata organizzata una funzione settimanale in farsi, partecipata da 100-150 persone. In tanti chiedono di diventare cristiani, qui come a Bradford, dove nel 2016 una cresima su quattro ha riguardato musulmani convertiti. «Io so che tanti all’inizio vengono solo per convenienza», dichiara al Guardian Eghtedarian, «ma chi può dire che non vivano anche una fede sincera? Chi sono io per giudicare la loro fede?».