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Confessione. Ricordare alcune regole per l’«uso» non fa mai male
NEWS 26 Gennaio 2017    

Confessione. Ricordare alcune regole per l’«uso» non fa mai male

SPECIE NUMERO E CIRCOSTANZA
«Il fedele è tenuto all'obbligo di confessare secondo la specie e il numero tutti i peccati gravi commessi dopo il Battesimo e non ancora direttamente rimessi mediante il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente esame, va riprovato qualsiasi uso che limiti la confessione ad un'accusa generica o soltanto di uno o più peccati ritenuti più significativi. D'altra parte, e tenendo conto della chiamata di tutti i fedeli alla santità, si raccomanda loro di confessare anche i peccati veniali»

San Giovanni Paolo II (da Misericordia Dei)

COSA AFFERMA IL CATECHISMO?
Usiamo il Catechismo di san Pio X commentato da Padre Dragone, pp. 592 e 593: «N° 372. Che cos’è l’accusa dei peccati? L’accusa dei peccati è la manifestazione dei peccati fatta al sacerdote confessore, per averne l’assoluzione. Il sacramento della Confessione è istituito a modo di giudizio. Il sacerdote confessore è il giudice cui spetta pronunciare la sentenza di assoluzione o di condanna. Ma prima di pronunciare la sentenza deve conoscere i peccati e le disposizioni del penitente l’unico che le può manifestare, accusando se stesso.

È quindi NECESSARIO che il peccatore faccia l’accusa dolorosa dei suoi peccati. Se l’accusa o confessione è sincera e dolorosa, il sacerdote confessore pronuncia la sentenza di assoluzione; se invece il penitente si rifiuta di essere sincero, di pentirsi o di proporre di non peccare più, il confessore DEVE NEGARE l’assoluzione. ANCHE SE LO ASSOLVESSE IL PENITENTE NON SAREBBE PERDONATO, PERCHÉ NON PONE TUTTI GLI ATTI (ACCUSA, DOLORE E PROPOSITO DI SODDISFARE CON L’EMENDAZIONE E LA PENITENZA) CHE SONO COME LA MATERIA DEL SACRAMENTO. Il sacerdote confessore assolvendo in questo caso porrebbe la forma, che non costituisce il sacramento senza la materia. In primo luogo il sacerdote confessore è giudice. Ma è anche medico e padre. Perciò DEVE CONOSCERE i mali del penitente per poterli curare e guarire, assolvendo e suggerendo i mezzi per non ricadere. “Al medico si devono manifestare le piaghe” (Tertulliano, De poenit., 10, 1). Il Concilio di Trento ha definito: “Se qualcuno oserà affermare che per la remissione dei peccati nel sacramento della Penitenza non è necessario e di diritto divino confessare tutti e singoli i peccati mortali, anche occulti… e le circostanze… di cui si ricorda dopo diligente esame, SIA SCOMUNICATO” (Sess. 14, can. 7; DB 917).

L’accusa dei peccati dev’essere fatta in ordine all’assoluzione, cioè per essere assolti. Se tu racconti i tuoi peccati a un sacerdote ma non hai l’intenzione di ricevere l’assoluzione, anche se il confessore te la dà, non è valida. Infine la confessione dev’essere fatta al sacerdote confessore, cioè approvato per le confessioni. Quello non approvato assolve invalidamente, eccetto i moribondi. Riflessione. – Teniamo presente che la confessione è una accusa dolorosa, fatta dal penitente. Nelle nostre confessioni dobbiamo quindi essere pentiti e fare noi stessi l’accusa e non costringere il confessore a farci l’esame con una noiosa serie di domande».