Dal Brasile vengono le cifre di un disastro. Un sondaggio di Datafolha ha rilevato che gli adulti che si dichiarano cattolici sono passati dal 60 per cento nel 2014 al 50 per cento nel dicembre del 2016.
Questo vuol dire che in due anni circa nove milioni di fedeli hanno deciso di lasciare la Chiesa.
Un dato certamente sconcertante; tanto più se si considera che per la prima volta nella storia sulla cattedra di Pietro siede un Pontefice che provien dal subcontinente latino-americano.
Datafolha ha mostrato che nello stesso periodo c’è stato un incremento importante di persone che non professano nessuna religione. Sarebbero passati dal 6 al 14 per cento negli ultimi due anni.
Nel 2012 la percentuale dei cattolici dichiarati era del 64,6 per cento.
Il sondaggio indcia che il 43 per cento dei cattolici brasiliani vivono nella regione del sudeste, la più sviluppata del Paese, mentre nel nord e nel oeste, si giunge appena al 15 per cento della popolazione.
Il sondaggio di Datafolha ha un margine di errore del 2 per cento. E’ stato realizzato nell’ultimo mese in 174 municipi a livello nazionale, intervistando 2828 persone di età superiore ai sedici anni.
In Brasile, anche se questa recente valanga di abbandoni non ha segnato un’espansione degli evangelici, è opportuno ricordare che metà dei protestanti provengono dalla Chiesa cattolica.
La maggior parte delle conversioni avvengono prima dei venticinque anni, e i convertiti citano come motivo del cambiamento un maggior rapporto con Dio (77 per cento) e lo stile di culto delle nuove Chiese (68 per cento).
Il segretario della Conferenza Episcopale del Brasile, dom Ulrich Steiner, ha dichiarato a La Folha di San Paolo che il numero di persone disposte a lottare per la giustizia è più importante della percentuale di cattolici.