Nella quarta Egloga, Publio Virgilio Marone (79-19 a.C.), sommo poeta della latinità precristiana, profetizza misteriosamente la nascita di un puer iniziatore di nuova stirpe nata da una Vergine, il quale pone fine all’era dell’oracolo di Cuma (il paganesimo). È il puer che rinnova interamente la storia. Una traduzione di quel passo virgiliano suona così: «È giunta l’ultima era dell’oracolo di Cuma, nasce di nuovo il grande ordine dei secoli. Già ritorna la Vergine, ritornano i regni di Saturno, già una nuova stirpe scende dall’alto del cielo. E tu, casta Favina, sii propizia al Bambino che oggi nasce. Sotto il tuo consolato, Pollione, proprio sotto di te, nascerà l’onore delle genti […] sotto di te, se ancora durano i segni del nostro peccato, una volta cancellati, libereranno le terre dall’eterno dolore. E Lui avrà la vita degli dèi, vedrà eroi misti agli dèi e sarà visto fra loro e governerà il mondo pacificato dalle virtù del Padre […] e le caprette riporteranno a casa le mammelle piene di latte e gli agnelli non avranno paura dei grandi leoni e morirà il serpente e morirà l’erba ingannatrice per veleno».
Il Gaio Asinio Pollione (76 a.C.-5 d.C) citato nel testo fu un uomo politico, letterato e oratore romano amico di Virgilio cui Virgilio dedica tre Egloghe tra cui proprio la quarta; la nascita di Cristo non avvenne durante il consolato di Pollione, ma con Pollione ancora in vita sì.
Servata distantia, mette un sacro brivido lungo la schiena rileggere la profezia virgiliana alla luce della sublimità del Veni Sante Spiritus là dove esso dice «et renovabis faciem terrae» (Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium, et tui amoris in eis ignem accende/ V. Emitte Spiritum tuum et creabuntur;/ R. Et renovabis faciem terrae). Non a caso il sommo poeta della Cristianità, Dante Alighieri (1265-1321), sceglie Virgilio come guida nell’Inferno e nel Purgatorio.