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Una giovane musulmana costretta all’esilio per un grande peccato: amare un cristiano
NEWS 25 Ottobre 2016    

Una giovane musulmana costretta all’esilio per un grande peccato: amare un cristiano

di Mauro Zanon

 

E’ il 2 gennaio del 2015 quando Nawel decide di lasciare sulla scrivania della sua stanza una lettera indirizzata ai genitori: “Papà, mamma, mi dispiace dirvi questo, ma devo andare via di casa, sono obbligata perché non voglio farvi del male, perché non accetterete mai la situazione”. Dietro queste parole, scritte poco prima di abbandonare il suo domicilio, c’è la storia triste e sconvolgente di Nawel, giovane infermiera francese di 22 anni, di origine marocchina e confessione musulmana, che per continuare a vivere in segreto la sua relazione amorosa con Jérémy, di origine portoghese e religione cattolica (entrambi sono degli pseudonimi, come riportato ieri dal Parisien che racconta la loro vicenda), è stata costretta a cambiare città, perdendo lavoro, appartamento e amici, per paura di essere uccisa dal padre.

“Sapevo che non sarebbero stati d’accordo. Anche mia madre mi ha chiesto di mettere fine alla relazione quando ne è venuta a conoscenza. Ma non avrei mai immaginato che sarebbero andati così lontano…”, racconta la giovane costretta a fuggire dalla sua Reims dove aveva incontrato Jérémy. Dopo aver abbandonato la casa di nascosto, per Nawel inizia l’inferno: il padre inizia a minacciarla di morte in arabo via telefono, “Se ti trovo, ti uccido!”, e le svuota il conto in banca; la sua casella delle lettere viene intasata di intimidazioni e l’auto del suo ragazzo vandalizzata; uno dei cugini di Nawel le ricorda che “gli arabi si difendono con i coltelli”, un’altra cugina intima a Jérémy di convertirsi all’islam se vuole essere accettato. Ma i due giovani non cedono. “L’amore non ha niente a che vedere con la religione”, risponde Jérémy alla famiglia di Nawel che continua a minacciarlo.

A quel punto entrano in gioco altre due cugine, una di 27 anni, l’altra di 21, comparse ieri davanti al tribunale correzionale di Reims con l’accusa di aver picchiato la giovane infermiera lo scorso 25 gennaio, mentre tentavano di convincerla a tornare a casa dai genitori. E’ la prima volta che si rivedono dopo mesi di silenzio, e Nawel è convinta di poter calmare gli animi. L’incontro, però, prende subito una brutta piega quando la giovane rifiuta di salire in macchina delle due cugine: queste prima la tirano per i capelli poi le assestano due pugni in faccia. Risultato? “Dieci giorni di invalidità temporanea” e uno “stato di stress acuto”, secondo il certificato medico emesso in seguito all’aggressione subita.

Ciò che spaventa maggiormente la giovane Nawel, “terrorizzata”, come ha raccontato il suo legale, dall’idea di ritrovarsi dinanzi alla sua famiglia, sono però le ripetute minacce del padre che davanti alla madre del suo ragazzo avrebbe anche gridato: “Spero muoiano tutti e due!”. Quest’ultimo, interrogato dalla polizia, si sarebbe difeso dicendo di essere un uomo “di mentalità aperta”, accusando la figlia di essere una “bugiarda”.

La madre dice che Nawel è stata “manipolata” dal cristiano e spera ancora di vederla rientrare in famiglia. In attesa della decisione del tribunale correzionale di Reims sull’aggressione commessa dalle sue cugine, va segnalato che la denuncia sporta da Nawel nei confronti del padre è stata archiviata per insufficienza di prove. “Mi hanno cancellato dalla loro vita da un giorno all’altro”, confessa la giovane infermiera. E’ “la battaglia di una musulmana per amare un cattolico”, ha titolato il Figaro. “Al di là della dimensione religiosa, è la battaglia di una giovane donna per vivere la sua vita liberamente”, ha aggiunto il suo avvocato, Simon Miravete. Nawel condivide questa battaglia con molte altre giovani musulmane nel mondo.