Di seguito il testo completo dell'intervento del Vicario Apostolico d'Arabia al Simposio internazionale 2016 di AsiaNews.
Eminenze, sorelle e fratelli,
mi colgono di sorpresa perché non pensavo di dover parlare con voi. Dovevo arrivare solo domani a Roma per partecipare alla canonizzazione di Madre Teresa, ma stamattina ho saputo di poter partire da Abu Dhabi.
Soffro per la situazione che si è venuta a creare in Yemen, dove sette milioni di persone muoiono affamate; non c’è sicurezza per nessuno, non è una questione di essere cristiani e musulmani. L’insicurezza è generale in tutto il Paese, a causa della guerra civile.
In questa situazione di insicurezza abbiamo le suore della Carità che ancora lavorano, nel sud, dove sono stare massacrate. Una fortunatamente è riuscita a salvarsi. La comunità che si trovava a Taʿizz ha dovuto lasciare la casa, perché si trovava in mezzo alle due parti in guerra e si è dovuta trasferire a Sanaa. Stiamo aspettando di poter farle tornare, ma in questo momento non è proprio possibile.
Il più grande problema – e dopo ne parlerò al Superiore generale – è che abbiamo difficoltà a far entrare sacerdote e suore. L’unico rimasto, p. Tom, è ancora nelle mani dei rapitori. Abbiamo alcuni pronti a partire, ma non danno loro il visto. Ci troviamo in una situazione in cui le sorelle vivono da mesi senza l’Eucaristia. E posso immaginare il dolore che crea loro, se conoscete Madre Teresa presto santa.
Il mio predecessore ha incontrato molte volte la Madre a Sanaa, e lui diceva: “Grazie a lei abbiamo dei preti qui da noi”. I Missionari della Carità sponsorizzano i visi per i preti a Sanaa e Taiss. C’è una collaborazione molto stretta con loro, ma non so come potrà continuare. Le ho sempre ammirate: quando sono andato da loro nelle mie visite, il loro spirito di semplicità e gioia… Vedevo sempre le sorelle sorridere. Il mio predecessore diceva: “Ma come fanno in questa situazione?”.
Qualche giorno dopo l’uccisione delle suore, il 4 marzo, ho incontrato l’unica sopravvissuta. La prima cosa che mi ha detto è: “Voglio tornare, appena posso e appena mi dai il permesso”. Immaginate questo zelo in questa situazione di martirio. Rispecchia il virus che è stato immesso nella Congregazione dalla fondatrice. Vi invito a pregare: pregate per le sorelle che restano, per quelle che si preparano a partire. E pregate per p. Tom, se sia morto o meno. Noi non lo sappiamo.
Vi prego di pregare per il prete pronto a partire, e che altri possano unirsi a loro. La missione in situazione di guerra, nonostante tutte le difficoltà, deve continuare. Il p. Tom è stato sequestrato: era tornato in Yemen, chiedendone il permesso a me e al suo provinciale. Io gli dissi: “Se lo vuoi, ti aiuterò a entrare nel Paese”. Certo, oggi per me è doloroso ripensarci. Ma sono convinto ancora che sia stato giusto. In guerra non puoi mai prevedere cosa accadrà.
Quando scoppiò la guerra nel marzo 2015 le sorelle mi dissero: “Noi non lasciamo il Paese, restiamo con i nostri poveri e con gli handicappati”. E io voglio esprimere la mia gratitudine alla Congregazione per questa testimonianza, che onora voi e la fondatrice. Le martiri uccise il 4 marzo 2016 sono sepolte ad Aden con le loro tre sorelle uccise nel 1998. Fu fatto da un cristiano locale, questa tomba, con grande rischio: nessuno di noi poteva entrare. Spero un giorno di poter andare e aprire un santuario e celebrare i riti funebri.
Dio vi benedica tutti. Vi chiedo di tenere la Penisola arabica nelle vostre preghiere. Grazie
*Vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen)