Appena sentita la scossa, ha preso la macchina in piena notte e si è recato subito nel luogo della sua diocesi più colpito dal terremoto: Pescara del Tronto. Arrivato lì, buio e grida. Poi con le luci dell’alba, la scena di un paese completamente raso al suolo come un “bombardamento che ha distrutto tutto”. Abbiamo raggiunto telefonicamente monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno.
Mons. D’Ercole, dove si trova attualmente?
Io dalle 4 del mattino sono qui, nella zona dove il terremoto è stato più forte ed è la zona di Pescara del Tronto nel comune di Arquata del Tronto.
Ci racconti allora come è andata la notte.
Noi la scossa l’abbiamo sentita verso le 3.33, minuto più minuto meno. Ho sentito questa grande scossa, mi sono svegliato. Ero in episcopio ovviamente. Poi sono sceso in piazza per vedere come era la situazione della città e ho visto che danni non c’erano, le case erano in piedi, la gente era tutta fuori, spaventatissima. Ma poi ho sentito che l’epicentro era stato ad Accumoli, che è proprio ai limiti della mia diocesi, e sono quindi venuto qui nel comune di Arquata. Mi hanno detto che Pescara del Tronto era stato colpito in maniera forte. Sono andato e sono stato con la gente. Solo le luci dell’alba hanno reso possibile vedere la scena.
E’ arrivato di notte da solo in macchina? E cosa ha trovato?
Sì, certo. Ho visto buio e sentito le grida della gente. E poi scosse di terremoto. Solo con le luci dell’alba ho potuto rendermi conto che il paese era stato raso al suolo. Un bombardamento ha distrutto completamente il paese.
Chi c’è in quel paese? Da chi è abitato?
D’inverno c’è poca gente. Adesso, invece, c’erano tantissimi giovani. È il cosiddetto turismo di ritorno, persone che abitano a Roma e tornano l’estate per passare le vacanze con i nonni o nelle seconde case. Infatti i terremotati sono quasi tutti giovani.
È possibile, Eccellenza, fare la conta dei morti e dei feriti?
No, i numeri non si possono ancora dare. E’ troppo presto. Sto andando proprio adesso ad Ascoli, per vedere come organizzare l’arrivo dei morti. Adesso sono ancora nel paese. Li hanno messi da una parte e uno per volta li porteranno ad Ascoli. Sarà sicuramente il momento più triste.
Dove saranno portate le salme?
Nella cappella che la diocesi mette a disposizione dell’obitorio dell’ospedale Mazzoni di Ascoli. Abbiamo finito proprio adesso una riunione operativa con il prefetto, il sindaco e le diverse forze impegnate sul campo. Sto andando a organizzare la nostra parte, insieme con la Caritas, per dare il nostro contributo.
In che cosa consisterà?
Sicuramente l’accoglienza dei morti. Poi vedremo come favorire l’assistenza ai terremotati nel campo che si sta allestendolo e aiutare chi non si vuole spostare dal paese.