di Stefano Fontana *
L’approvazione del disegno di legge Cirinnà sul riconoscimento delle convivenze di fatto e delle unioni civili tra persone dello stesso sesso avrà delle conseguenze negative di rifiuto della libertà di religione e di oppressione per la vita della religione cattolica in particolare. Quando l’autorità politica disciplina una qualche realtà di fatto le conferisce un riconoscimento non solo giuridico ma anche politico. Col riconoscimento giuridico, l’autorità politica dichiara che quella situazione di fatto è buona, apprezzabile ed utile per il bene comune e per questo esprime una serie di diritti delle persone coinvolte che lo Stato deve proteggere e promuovere. Nel caso delle unioni tra persone dello stesso sesso, il riconoscimento giuridico implicitamente afferma che esse sono utili per il bene comune e, quindi, che lo Stato d’ora in avanti proteggerà e promuoverà i diritti personali che ne nascono. Non si tratta di situazioni eccezionali tollerate per motivi particolari. Questo è il passaggio che stanno avendo tutte le questioni cosiddette “etiche”, come per esempio l’aborto o, appunto, le unioni tra omosessuali: dallo stato di eccezione alla normalità di diritto.
E’ evidente, per questo motivo, che lo Stato, una volta approvata la legge, dovrà pretendere in tutti i campi l’equiparazione tra unione civile e matrimonio. Non potrà tollerare, almeno di diritto se non di fatto, zone extraterritoriali in cui tale equiparazione non venga rispettata e le coppie unite da matrimonio omosessuale vangano discriminate. Proprio questo collide con il principio della libertà di religione soprattutto nel campo dell’educazione, in quello della solidarietà e, infine, in quello strettamente ecclesiastico.
Nelle scuole pubbliche statali diventerà obbligatorio educare ad una sessualità non solo eterosessuale ma anche omosessuale. La Cirinnà non ne parla direttamente, ma è facile capire che, senza aspettare l’eventuale approvazione del ddl Fedeli che riguarda l’insegnamento gender nelle scuole statali, già essa pone le basi per questo obbligo. Obbligo da estendersi a tutto il sistema scolastico pubblico, comprese le scuole paritarie cattoliche o di altro orientamento filosofico o religioso. Le maglie si stringeranno e le scuole paritarie cattoliche non potranno opporsi all’obbligo di insegnare pariteticamente i vari modelli di sessualità, di famiglia e di genitorialità che lo Stato ha riconosciuto come legali e quindi come portatori di benefici per il bene comune. Le scuole paritarie cattoliche non riflettono a fondo su questo imminente pericolo. Lo fanno però alcuni genitori che si stanno già attrezzando in scuole parentali. Sappiano però che anche questa via, che la legislazione odierna permette, potrebbe domani essere sbarrata. Di recente il ministro della pubblica istruzione del Belgio ha detto che intende impedire che i genitori possano sottrarre i figli alla scuola statale per motivi confessionali. Come oggi lo Stato impedisce ai genitori di esonerare i figli dai corsi sulla sessualità e contro il bullismo omofobico appaltati alle associazioni LGBT, domani potrebbe impedire loro di istruire i figli a casa.
Uguale discorso va fatto per le molteplici realtà religiose nel campo della carità sociale. Come un consultorio cattolico fatica a non emettere la certificazione che fa transitare le donne verso l’aborto legale pena il taglio dei finanziamenti, così diventerà presto impossibile rifiutarsi di dare in affido o in adozione un bambino di strada ad una coppia omosessuale. Le Suore di Madre Teresa si rifiutano di farlo, ma su questo terreno la strada sarà per tutti in salita. Il braccio di ferro tra la Chiesa americana e la riforma sanitaria del presidente Obama insegna.
In un ambito più strettamente ecclesiastico, è altrettanto chiaro che affermare in pubblico da parte di un sacerdote o di un uomo di Chiesa un insegnamento religioso o morale lesivo dell’uguaglianza tra unione civile omosessuale e matrimonio naturale diventerà ben presto reato. Per l’Italia non sarà necessario aspettare l’approvazione del ddl Scalfarotto. Già la Cirinnà pone le basi per tutto questo. In Francia, se un sacerdote dall’ambone critica una legge dello Stato rischia da 3 a 6 mesi di reclusione. Non credo sia per questo che in Italia non si sente più nessun sacerdote che in un’omelia parli di aborto o di omosessualità, però il problema esiste ed è senz’altro lesivo della libertà di religione. Abbiamo già avuto il caso di qualche vescovo costretto ad asseragliarsi in episcopio per aver detto che l’omosessualità è un disordine, in futuro vescovi di questo tipo, se ce ne saranno ancora, potrebbero subire pressioni più gravi.
Del resto, la legge Cirinnà non parla in nessun caso di diritto all’obiezione di coscienza per motivi morali o religiosi. Un insegnante di scuola cattolica o un catechista di parrocchia non potrà fare obiezione di coscienza davanti all’imposizione di parlare in un certo modo dell’omosessualità. E, se non farà, come è probabile che avvenga in ampia misura, una preventiva censura condiscendevole verso i nuovi orientamenti, incontrerà seri guai. Come oggi viene licenziata una farmacista di una farmacia comunale che si rifiuti di vendere la pillola del giorno dopo perché potenzialmente abortiva, così in futuro un insegnante o un catechista subiranno pressioni ed angherie per aver continuato ad insegnare quanto è diventato proibito. La Chiesa diventerà Chiesa del silenzio oppure, se vorrà convivere senza essere perseguitata, dovrà non entrare più in nessuno di questi argomenti.
L’attacco è alla libertà di religione in generale, però sarà soprattutto la Chiesa cattolica a pagare. Le comunità luterane e protestanti non subiranno particolari angherie dal nuovo sistema di dominio in quanto su questi temi non hanno una dottrina né un’autorità religiosa che la faccia valere. Le varie correnti protestanti – pur con le dovute eccezioni – si integrano abbastanza facilmente in quanto il mondo desidera da loro. Molte di esse hanno già accettato il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Le comunità islamiche, che sono contrarie a queste leggi, vengono comunque tollerate dai poteri politici che tendono a non infastidirle, avendone anche paura. Alla fine non rimangono che i cattolici, non tutti dato che la secolarizzazione ha influenzato molto anche la Chiesa cattolica, come dimostrato dalle recenti inopinate aperture anche di personalità ecclesiastiche all’approvazione della legge Cirinnà e quindi al riconoscimento delle unioni civili tra persone omosessuali.
Il futuro sarà duro per la libertà di religione e specialmente per la libertà religiosa dei cattolici che vogliano rimanere fedeli alla propria dottrina e tradizione. Ad essi verrà progressivamente impedito di stabilire un nesso vitale tra la propria religione e la costruzione della comunità politica e saranno spinti sempre di più verso una religione privata, dato che per Dio non c’è più nessuno spazio pubblico. Se la fede non si congiunge con la ragione almeno sui temi del matrimonio, della famiglia e della procreazione, tutti frutti della creazione, essa perde qualsiasi pretesa e possibilità di esprimersi in pubblico.
* Direttore dell'Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa
Articoli precedenti:
Paolo Panucci, Contro la deriva della Cirinnà usiamo la ragione. A reti unificate
Stephan Kampowski, Il matrimonio non è un affare soltanto privato
Tommaso Scandroglio, L'omosessualità è diventata un bene giuridico