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Pakistan. Ucciso Khurram Zaki, il giornalista musulmano che difendeva i cristiani
NEWS 9 Maggio 2016    

Pakistan. Ucciso Khurram Zaki, il giornalista musulmano che difendeva i cristiani

di Giorgio Bernardelli, Mondo e Missione

 

Il Pakistan piange oggi un altro attivista per i diritti umani, colpito a morte dalla violenza islamista: qualche ora fa a Karachi è stato ucciso Khurram Zaki, 40 anni, giornalista coraggioso e voce instancabile nel denunciare i danni prodotti dall’estremismo dei talebani. Gli hanno sparato mentre si trovava seduto ai tavolini di un ristorante sulla strada: non c’è stato scampo.

La sua morte è l’ennesimo atto di violenza nel Pakistan scosso dalla violenza dei gruppi fondamentalisti, responsabili anche della recente strage di Pasqua a Lahore. E in questo caso la scelta della vittima ha un significato ben preciso: dall’inizio del 2015 Zaki era diventato un punto di riferimento nelle proteste contro l’incitamento all’odio portato avanti nella famigerata Moschea Rossa, luogo simbolo dell’estremismo in Pakistan. Aveva pubblicamente chiesto che l’imam Abdul Aziz fosse incriminato per il suo rifiuto di condannare una strage compiuta in una moschea sciita. Ma il suo impegno guardava ai diritti di tutte le minoranze religiose presenti in Pakistan, cristiani compresi.

Tra le sue foto che in queste ore circolano on line ce n’è una molto forte che lo ritrae con un crocifisso in mano insieme a Shaan Taseer, uno dei figli del governatore del Punjab Salman Taseer, ucciso nel 2011 per aver difeso Asia Bibi. Il musulmano Zaki aveva scelto di testimoniare in questo modo ben visibile la sua vicinanza ai cristiani dopo le bombe fatte esplodere già nel dicembre 2014 nelle chiese di Lahore.

Khurram Zaki, dunque, come Salman Taseer e tutti gli altri musulmani che rifiutano l’estremismo dei talebani, si batteva in difesa dei diritti di tutti nel proprio Paese. L’ultimo post che aveva scritto su Facebook era sull’elezione a sindaco di Londra di Sadiq Khan, cittadino britannico musulmano originario del Pakistan. «In quest’era di terrorismo wahhabita e islamofobia – commentava – Londra si è sollevata un passo oltre la discriminazione e le visioni bigotte ed è emersa come un grande centro di civiltà offrendo un grande esempio a tutto il mondo. Potremo mai in Pakistan eleggere un ahmadi, un indù o un cristiano? Dimenticatevelo».

Parole che lette oggi suonano come un amaro testamento. Voce di un Pakistan che non si rassegna all’odio fondamentalista e che abbiamo il dovere di ricordare.