Uccisi per il rifiuto di convertirsi all’islam. E’ il destino di decine di cristiani ad Al-Qaryatyan, una cittadina siriana conquistata lo scorso agosto dall’Isis e liberata dall’esercito una settimana fa, subito dopo la liberazione di Palmira.
A raccontare l’orrore, in una intervista all’emittente britannica Bbc, è stato l’arcivescovo Ignazio Aphrem II, patriarca della Chiesa siriaca. Dopo la conquista della città gli islamisti avevano preso in ostaggio trecento cristiani: alcuni erano stati uccisi mentre tentavano la fuga, altri martirizzati per essersi rifiutati di assoggettarsi e convertirsi all’Islam.
Al-Qaryatayn, a metà strada fra Damasco e Palmira, è tornata nelle mani dell’esercito all’inizio della settimana appena trascorsa. Secondo il patriarca, ad al-Qaryatayn erano rimasti circa 300 cristiani, subito presi di mira dai jihadisti.
Tasse e lavori forzati
Alcuni, sulla base di testimonianze dirette raccolte sul posto, sono stati assassinati per aver rifiutato di accettare la conversione forzata o di sottostare alle regole imposte ai “dhimmi», i popoli di fede monoteista ma non musulmana: pagamento di una tassa speciale, più alta che per i musulmani, la jizya, o lavori servili che garantiscono “protezione” ad alcuni «infedeli».
Fra le vittime si contano almeno tre donne, ha riferito ancora il patriarca, denunciando come i jihadisti avessero pianificato di vendere le ragazze cristiane superstiti quali «schiave». Altri correligionari sono per ora considerati dispersi, ma si teme siano a loro volta morti.
Al-Qaryatayn ha subito in questi mesi pesanti devastazioni. Il patriarca ha confermato fra l’altro che un monastero cristiano antico di 1.500 anni è stato ridotto in macerie