Nessuno si è scandalizzato, neanche uno dei grandi vip (come Jovanotti, Carlo Cracco, Giusi Ferreri, Claudio Bisio, Diego Abatantuono e Sharon Stone), che non vedono l’ora di prestare il volto per la Giornata Mondiale della sindrome di Down del 21 marzo, dove si parla tanto di rispetto e inclusione di chi è affetto da questa disabilità, ma ci si guarda bene dal ricordare che la legge permette di abortire selettivamente i bambini anche solo per il sospetto che siano Down. Tanto che i ginecologi vengono costretti a risarcire i familiari nel caso non pratichino l’interruzione di gravidanza.
A guidare la classifica dei Paesi che permettono l’eugenetica verso queste persone c’è la Norvegia, stato definito leader dei diritti umani e civili. Eppure, chi ha avuto a che fare con queste persone, sa benissimo che la loro vita è degna tanto quella dei giudici della Cassazione, se non di più. Una ricerca del 2011, pubblicata sull’American Journal of Medical Genetics, ha dimostrato che il 99% dei genitori di persone con sindrome di Down ama i propri figli, il 97% ha espresso sentimenti di orgoglio e il 79% sente arricchita la propria vita rapportandosi con loro.
Per fortuna non tutti si limitano a chiacchierare di finto rispetto e di finta inclusione, c’è chi è passato direttamente all’azione concreta. Pochi giorni dopo l’ultima Giornata mondiale per la sindrome di Down del 2016, lo stato dell’Indiana è infatti diventato il secondo paese, dopo il North Dakota, che ha voluto proteggere dall’aborto selettivo i bambini non ancora nati, a cui è stata diagnostica questa disabilità. Il governatore Mike Pence ha infatti firmato questa legge il 25 marzo 2016, vietando l’aborto anche sulla base della razza e del sesso. «Una società va giudicata da come tratta i più vulnerabili, gli anziani, i malati, i disabili e i nascituri», ha dichiarato. «La legge afferma il valore di ogni vita umana, con essa facciamo un passo importante nella tutela del nascituro».