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Squilli impensati di rivolta in Francia. Le femminste lesbiche si scatenano contro l’«utero in affitto»
NEWS 11 Febbraio 2016    

Squilli impensati di rivolta in Francia. Le femminste lesbiche si scatenano contro l’«utero in affitto»

di Susanna Manzin

 

C’è un luogo comune che circola da tempo in Italia: siamo un paese arretrato perché non abbiamo una legge sulle coppie di fatto, perché non abbiamo l’adozione per le coppie omosessuali, perché non legalizziamo l’utero in affitto, perché l’eterologa non va avanti a causa delle tante limitazioni. Ma se guardiamo davvero a quello che sta accadendo all’estero, forse dovremmo fare tesoro dell’esperienza di quei Paesi dove questa cultura c’è da tanti anni e sta provocando forti prese di posizione a difesa della famiglia naturale, delle donne e dei bambini.

 

Dalla Francia una voce forte contro l’utero in affitto

Dopo le manifestazioni della Manif pour tous, ecco un nuovo movimento che viene dalla Francia e che ci auguriamo possa essere contagioso, un contagio positivo di buone pratiche.
La cosa particolare è che a dare vita a questa iniziativa meritevole è un gruppo di femministe e lesbiche: il “Collectif National pour les Droits des Femmes” e alla “Coordination Lesbienne en France”. Martedì 2 febbraio, nella Salle Victor Hugo della Assemblée Nationale, si sono tenute sotto la presidenza della deputata socialista Laurence Dumont “Les Assises  pour l’abolition universelle de la Gpa” , (Assise per l’abolizione universale dell’utero in affitto) con l’obiettivo di radunare responsabili politici, associazioni femministe e di difesa dei diritti umani, di tutta Europa, per combattere “una pratica sociale che lede i diritti fondamentali dell’essere umano“.
Ecco la dichiarazione di Marie Jauffret, presidente del Collettivo CoRP, una delle associazioni promotrici delle Assises:

“La nascita e il bambino stesso non possono entrare in un sistema di produzione e di scambio senza che con questo vada a ledere il diritto delle persone. Riteniamo che le leggi costituiscono il solco entro il quale si definisce l’umanità. Solo le leggi possono garantire la giustizia, la pace, la libertà, l’uguaglianza, e la dignità degli esseri umani. È una pratica in se stessa contraria alla dignità delle donne che non possono essere affittate per il loro corpo o i loro servizi sessuali o riproduttivi senza ledere i diritti umani fondamentali. Ed è contraria anche alla dignità dei bambini che non possono essere donati o venduti”. Si condanna l’utilizzo del corpo delle donne “a vantaggio dell’industria e dei mercati della riproduzione.”

A questo link (clicca qui) potete leggere il testo dell’appello, in italiano, che tutti possono sottoscrivere.

 

USA: le problematiche sociali ed educative dell’eterologa

Il Comitato Etico della Società Americana per la Medicina Riproduttiva degli USA ha varato un documento sulla fecondazione eterologa, evidenziando tutte le problematiche chi si sono verificate nei 30 anni di applicazione di questa tecnica negli Stati Uniti. Si parla del diritto all’anonimato che viene contestato, quando la prole vuole conoscere la propria origine; del donatore che vuole conoscere i figli che sono nati grazie alla sua donazione; della necessità di scambio di informazioni sulla salute del donatore e del bambino, sulla responsabilità nell’aggiornare le notizie sul proprio stato di salute. In pratica il documento dimostra che il legame tra genitore biologico e prole viene sempre più allo scoperto, e non si può pensare di metterlo a tacere. Lo dimostra il proliferare di siti internet e forum dedicati alla ricerca sul web di donatori e fratellastri.

 

Il dibattito in Italia

Purtroppo il dibattito di questi giorni in Italia è tutto incentrato sui desideri degli adulti e non sul diritto dei bambini a crescere in modo equilibrato e sereno. L’esperienza all’estero dimostra le gravi conseguenze della decisione privata di genitorialità, costruita con tecniche di laboratorio, acquisto di materiale biologico, affitto di uteri, a fronte dei quali il giudice o il parlamento non dovrebbe fare altro che prenderne atto.
L’Italia dovrebbe andare a vedere quanto sta accadendo in altri Paesi, fermarsi a riflettere prima di prendere decisioni così delicate: ma l’ideologia domina le scelte del nostro Parlamento.
Il nostro impegno deve continuare: alla manifestazione del 30 gennaio abbiamo avuto le testimonianze sul palco di Jennifer Lahl, che negli USA si impegna contro l’utero in affitto, e di Zelika Markic, leader del Comitato promotore del referendum in Croazia che, pur avendo contro tutti i poteri forti, ha ottenuto che la Costituzione consideri matrimonio solo quello tra l’uomo e la donna.
La battaglia continua e deve trovare alleati anche a livello internazionale, perché è da lì che spesso ci vengono forniti esempi di buone pratiche e di strategie vittoriose.