Siamo quindi arrivati alla resa dei conti: il 26 gennaio prossimo inizierà al Senato la discussione del ddl Cirinnà, che propone unioni civili solamente per persone omosessuali, completamente omologate al matrimonio (con tanto di adozione del figlio del partner). Micaela Campana, responsabile nazionale del Partito Democratico al Welfare e Terzo Settore, ha subito dichiarato: «Il Pd, appena dopo l’approvazione delle unioni civili, non può che incamminarsi sulla strada del matrimonio gay». E’ quello che è accaduto in tutti i Paesi che hanno poi regolamentato le nozze per persone dello stesso sesso.
Lo aveva già chiarito anche il sottosegretario del Pd, Ivan Scalfarotto, affermando: «Il matrimonio gay precede le unioni civili. Sono due cose diverse e l’una viene logicamente prima dell’altra». Curioso leggere in queste ore le sue motivazioni del perché si è rifiutato di partecipare ad un dibattito sulle unioni civili al liceo Giulio Cesare: «il rappresentante degli studenti ha voluto specificarmi che il dibattito avrà chiaramente una controparte composta da membri di un’associazione in difesa della famiglia naturale, questo perché (giustamente) non mi è stata concessa l’opportunità di organizzare un dibattito a senso unico». Un rappresentante dei cittadini che interviene soltanto se gli si garantisce un dibattito a senso unico: ognuno tragga le sue conclusioni. Ancora più chiaro Rosario Crocetta, presidente PD della Regione Sicilia: «partirei con una legge sulle unioni civili. Una volta diffuso il modello di famiglia omosessuale, aprirei un dibattito sulle adozioni».
Il progetto (già svelato da noi) è dunque chiaro e pubblicamente dichiarato: le “unioni civili” sono solamente un trampolino di lancio per il matrimonio omosessuale -alla faccia di chi considera le unioni civili il “male minore”- ed, infine, alle adozioni per le coppie dello stesso sesso. Il tutto in modo graduale per dare al pollo il tempo giusto di cuocersi a puntino. Strategia dovuta poiché gli italiani, di nozze e adozioni gay, non ne vogliono proprio sapere e, seppur oggi siano diventati maggiormente favorevoli alle unioni civili (etero) in seguito all’ossessiva campagna dei media, rimangono comunque contrari al simil-martimonio proposto dal ddl Cirinnà (disegno di legge incostituzionale, come ha rilevato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale).
Questo emerge da tutti gli istituti di ricerca: per Ipr Marketing il 74% degli italiani è favorevole al riconoscimento delle coppie di fatto etero (non unite in matrimonio), ma solo il 46% è favorevole alle unioni gay (contro il 40%). I favorevoli alle adozioni si riducono al 50% per le coppie di fatto e al 15% per le unioni gay. Conferma che arriva anche dall’istituto Piepoli: alle adozioni Lgbt è contrario il 73% dei cittadini. L’istituto Ipsos di Nando Pagnoncelli ha rilevato la contrarietà del 55% degli italiani al ddl Cirinnà (sopratutto alla stepchild adoption) e solo il 38% sarebbe favorevole.
L’istituto Ferrari Nasi & Associati ha sottolineato che solo il 29% è favorevole alle unioni come simil-matrimonio e all’ipotesi di adozione in esso contenuta (ovvero il ddl Cirinnà), mentre il 51% è favorevole al riconoscimento delle unioni civili come istituto a sé. Renato Mannheimer, fondatore di Ispo, ha spiegato che «la maggioranza resta contraria al simil matrimonio per i gay, e resta, soprattutto, una forte contrarietà all’adozione, anche fra i favorevoli alle unioni. La ragione? Credo perché di mezzo ci sono i bambini e gli italiani sono molto sensibili su questo».
Anche per ribadire tutto questo, dopo il successo del Family Day del 20 giugno scorso (che ha creato grossi problemi al “cattolico boy scout” Matteo Renzi), il 30 gennaio 2016 il popolo della famiglia tornerà nuovamente in piazza, probabilmente in piazza San Giovanni (con probabile presenza di diversi parlamentari del Pd). La CEI ha chiarito la ferma contrarietà al ddl Cirinnà, il segretario mons. Nunzio Galantino lo ha ribadito in queste ore (confermando quanto detto nell’ottobre scorso), spiegando però che non c’è bisogno di “vescovi-piloti” che organizzino manifestazioni, anche se «non lasceremo soli quanti nelle sedi opportune e nel rispetto delle proprie competenze vorranno dare un loro contributo costruttivo». Una risposta al condivisibile appello promosso su La Croce da Mario Adinolfi.
E’ probabile che per mons. Galantino le manifestazioni di piazza non siano più sedi opportune, poiché avrebbero perso di efficacia (si attende comunque la prolusione del card. Bagnasco del 25 gennaio, vigilia del dibattito parlamentare). Eppure è l’unico modo che ha il popolo di far sentire la sua voce, anche perché -come dimostrano i sondaggi citati- il simil-matrimonio promosso dal ddl Cirinnà è una bandiera dell’opinione pubblica, non dei cittadini. Lo ha spiegato Giuseppe De Rita, fondatore del Censis: «quello sulle unioni civili è un grande mutamento di pensiero dell’opinione pubblica», a cui non corrisponde «un altrettanto consenso sociale. Penso che, negli ultimi mesi, ci sia stata una tale mobilitazione dell’opinione pubblica su questo tema da far venire il sospetto che non ci sia altro, in una sorta di accettazione passiva verso ciò che afferma la maggioranza. L’umore sociale invece potrebbe essere differente. Nelle dinamiche sociali vince chi riesce ad organizzare un ampio consenso dell’opinione pubblica che, attenzione, non significa consenso della maggioranza del corpo sociale».