di p. Garas Boulos Garas Bishay
Vorrei ringraziare innanzitutto Dio per la partecipazione a questo “evento di grazia” come l’ha definito il Santo Padre nella Sua omelia di apertura. Parlerei del numero 57 e 126 nell’Instrumentum laboris. E partendo dalla mia esperienza pastorale come parroco della Chiesa di Santa Maria della Pace a Sharm El Sheikh, Egitto, vorrei condividere una profonda preoccupazione e inquietudine relativa al fenomeno socio-culturale molto diffuso nelle zone turistiche, appunto come quella di Sharm El Sheikh, ossia: i matrimoni misti tra ragazze e donne cristiane, provenienti dalla Russia e dall’Europa, con ragazzi e uomini musulmani (la sharia islamica infatti permette solo agli uomini musulmani di sposare donne di altre religioni e mai viceversa).
Certamente tale fenomeno, con lo spostamento demografico di massa e con il numero crescente di rifugiati e di migrati che tendono a stabilirsi in Europa, non tocca solo i Paesi a maggioranza islamica o le zone turistiche, ma inevitabilmente toccherà anche l’Occidente e perciò merita di essere studiato e affrontato seriamente. Si tratta di famiglie, di morali miste e di doppia appartenenza culturale e religiosa.
In questa sede vorrei citare un eccellente documento della Conferenza Episcopale Italiana del 1990 che sconsiglia saggiamente i matrimoni misti, soprattutto quelli contratti con i musulmani per la reale presenza di “profonde differenze”. Non bisogna poi dimenticare che il diritto islamico consente la poligamia e il Corano obbliga i padri all’educazione islamica dei figli. Vi è, insomma, “un’antropologia culturale e religiosa profondamente diversa” e che può facilmente suscitare gravi crisi nella coppia, sino a condurla a fratture irreparabili e a conseguenze che ricadono gravemente sui figli.
In realtà, mi chiedo spesso meravigliato e addolorato, come mai sempre “la parte cristiana” rinunci molto facilmente all’appartenenza culturale e alla fede e alla sua identità, partecipando, senza saperlo e con mostruosa superficialità, alla realizzazione del piano islamico della “invasione demografica”. La domanda ora da porsi è: cosa può fare la Chiesa per aiutare queste famiglie e queste donne spesso ingannate ed abusate? E per aiutare i figli spesso disorientati e disturbati? Alla paterna cura di Vostra Santità e di quelli dei Padri Sinodali affido questa loro causa.
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