Il cardinale Robert Sarah, nato in Guinea nel 1945 e oggi prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha appena pubblicato un grandioso libro-intervista con Nicolas Diat; un libro che pur parlando nella massima carità e con profonda misericordia non fa sconti indebiti alla verità, non scende a compromessi, non transige nemmeno per un secondo. Lo si capisce sin da quel titolo che campeggia sulla copertina come una bandiera, Dio o niente. Conversazione sulla fede.
In Italia lo pubblica l’editore senese Cantagalli, buon amico de Il Timone, così come buon amico de Il Timone è l’editore statunitense Ignatius Press di San Francisco che alla nostra redazione ha inviato – in anticipo sull’edizione italiana – copia del libro in versione inglese, God or Nothing: A Conversation on Faith, affinché i nostri lettori avessero subito possibilità di conoscere direttamente la grande e ricca proposta di rinnovamento nella tradizione che viene oggi dalla Chiesa Cattolica africana a fronte dei gravi antagonismi che scuotono il mondo contemporaneo, un rinnovamento autentico su cui anche quell’editore di Oltreoceano sta “scommettendo” molto.
del card. Robert Sarah
Oggi, l’Occidente vive come se Dio non esistesse. Com’è possibile che paesi di antica tradizione cristiana e spirituale abbiano potuto abbandonare le proprie radici fino a questo punto? Le conseguenze appaiono talmente drammatiche che si rende indispensabile comprendere l’origine di questo fenomeno.
L’Occidente ha deciso di prendere le distanze dalla fede cristiana sotto l’influenza della filosofia illuminista e delle correnti politiche che essa ha originato. Sebbene vi siano ancora comunità cristiane vivaci e missionarie, la maggior parte delle popolazioni occidentali non vede ormai in Gesù nient’altro che una specie d’idea, ma non un fatto e ancora meno una persona che gli apostoli e i numerosi testimoni del Vangelo hanno incontrato, amato e a cui hanno consacrato tutta la loro vita.
L’allontanamento da Dio non è il frutto di un ragionamento, ma di una volontà di staccarsi da Lui. L’orientamento ateo di una vita è quasi sempre una scelta della volontà. L’uomo non vuole più riflettere sul suo rapporto con Dio, perché vuole diventare Dio lui stesso. Il suo modello è Prometeo, questo personaggio mitologico appartenente alla razza dei Titani che ruba il fuoco
per darlo agli uomini; l’individuo è entrato in una logica di appropriazione di Dio e non più di adorazione. Prima del movimento cosiddetto dei “lumi”, se l’uomo ha tentato di prendere il posto di Dio, di essere uguale a Lui o di eliminarlo, si è trattato di fenomeni individuali minoritari.
L’ateismo trova la sua principale origine nell’individualismo esacerbato dell’uomo europeo. L’individuo-re, che aspira sempre di più a una forma di autonomia o d’indipendenza assoluta, tende alla dimenticanza di Dio. Sul piano morale, questa ricerca di libertà assoluta implica un progressivo e indistinto rifiuto delle regole e dei principi etici. L’universo individualista diventa così centrato unicamente sulla persona che non accetta più alcun obbligo.
Allora, Dio viene considerato come colui che crea ostacoli per rinchiudere la nostra volontà imponendole delle leggi; Dio diventa il nemico dell’autonomia e della libertà. Volendo essere totalmente libero, l’uomo rifiuta quello che considera come una costrizione e arriva fino al punto di rifiutare ogni forma di dipendenza da Dio. Rifiuta l’autorità di Dio che pure ci ha creati liberi affinché, attraverso l’esercizio ragionevole della nostra libertà, possiamo superare le nostre pulsioni selvagge e dominare tutto ciò che vi è d’istintivo in noi, assumendo piena responsabilità per la nostra esistenza e il nostro credere.
L’ateismo rappresenta così una volontà d’ignorare la ragione che ci riporterebbe al nostro Creatore, vera luce che dovrebbe illuminarci, orientarci e mostrarci il cammino della vita. In questa logica, certi filosofi non parlano più di Dio come di un Padre ma come di un grande architetto dell’universo.
Il rifiuto di Dio ha il suo ruolo nel movimento di conquista scientifica e tecnica che segna l’Europa alla fine del XVIII secolo. L’uomo intende dominare la natura e conquistare la propria indipendenza. La tecnica gli dà l’impressione di essere il padrone del mondo. Diventa dunque il solo a governare uno spazio senza Dio. La scienza non dovrebbe, però, allontanare l’uomo da Dio.
Al contrario, dovrebbe avvicinare l’uomo all’amore divino.
Certo, il grande mistero del male può spingere certe persone al dubbio e all’ateismo. In effetti, se Dio è nostro Padre, come può permettere che tante persone innocenti soffrano? È superfluo insistere sulla quantità insondabile di mali da cui l’umanità è afflitta. In Africa, ahimè, abbiamo pagato un tributo molto alto alle guerre, alla fame e alle epidemie. Quando ero a Cor Unum sono stato testimone di tante sofferenze che abbiamo cercato di alleviare con mezzi irrisori rispetto alla vastità dei bisogni. Non potrò mai dimenticare il lavoro che abbiamo realizzato ad Haiti. Come ha potuto permettere Dio che persone già così povere, prive di tutto, potessero subire sventura su sventura come il gigantesco terremoto del 2010 seguito da inondazioni ed epidemie? Come si fa a dimenticare i campi profughi in Giordania e il volto di tante donne che avevano perduto i loro mariti, le loro case, i loro beni? Eppure dovevano prendersi cura ogni giorno dei loro bambini, del loro equilibrio affettivo così ferito.
La questione del male, che attraversa tutte le età storiche, resta la stessa: come può Dio accettare che prove e sofferenze così orribili siano imposte a innocenti? A questo proposito, mi piace citare Albert Camus. In filosofia, cercava delle certezze ragionevoli per vivere. Vedeva nella fede il «salto nell’irrazionale» che distoglie lo spirito dalla realtà, dove l’uomo nega la sua ragione, la sua «coscienza lucida». Ma ciò che rendeva ancora più ferma la sua posizione di pensatore e di ateo era l’esistenza del male che non riusciva, seguendo l’illuminismo, ad associare all’onnipotenza e alla sapienza divina. Non riusciva ad accettare «il paradosso di un Dio onnipotente e malefico oppure benefico e sterile» come lo descrive in L’uomo in rivolta10. Come fare a credere in un Dio quando bambini innocenti soffrono?
Eppure, ignoriamo in che misura siamo noi a provocare la maggiore quantità di mali su questa terra. Quante guerre e massacri potrebbero essere evitati? Molto spesso, i paesi occidentali, che si fregiano del titolo di artigiani e promotori della pace, sono i primi produttori o i maggiori trafficanti di armi di distruzione di massa. Con ipocrisia cinica, le vendono ai poveri e li scambiano con le loro risorse minerarie o petroliere. Il mondo di oggi è dominato da odi, violenze e barbarie e tanti innocenti pagano un prezzo pesante a causa di coloro che detengono il potere.
Osservate il caos e il disastro in Iraq, in Siria, in Libia, in Palestina, in Israele, in Egitto, in Afghanistan, nella Repubblica Democratica del Congo, nel Mali… L’Angola ha conosciuto per trent’anni una situazione simile. Ma in molte regioni del mondo la sofferenza non ha fatto perdere la fede. Al contrario, Dio è una luce che permette a uomini che non hanno più niente di continuare a sperare. Rivedo i volti pacifici e la voce serena dei Filippini che mi hanno confidato nel 2013: «Il tifone Haiyan ha spazzato via tutto, ha distrutto tutto al suo passaggio, salvo la nostra fede che rimane fermamente piantata come una roccia in mezzo a un mare in tempesta!».
Le affermazioni brutali di Nietzsche ne La Gaia Scienza, riassumono il problema dell’ateismo che ho descritto. L’autore mette in scena un folle che in pieno giorno, con la lanterna in mano, percorre la città e grida: «Cerco Dio. Dove si trova dunque Dio?… Ve lo dico io! Siamo stati noi ad ucciderlo, voi e io! Noi siamo tutti suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come siamo riusciti a svuotare il mare? Chi ci ha dato la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che abbiamo fatto a sciogliere questa Terra dalla catena del suo Sole? Dov’è che si muove ora? […] Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere le lanterne al mattino? Non sentiamo ancora il rumore dei becchini che hanno seppellito Dio? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dei si decompongono. Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!». Friedrich Nietzsche conclude il suo racconto scrivendo: «Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”».
Poiché pretendiamo di aver celebrato i funerali di Dio, come possiamo meravigliarci del fatto che un mondo senza la presenza di Dio sia diventato un inferno? La morale, l’amore, la libertà, la tecnica e la scienza non sono niente senza Dio. L’uomo può costruire le opere più splendide, non saranno che castelli di sabbia e chimere instabili se non sono riferite a Dio.