«A chi compete giudicare cosa leggono i bambini? Secondo l’illuminato sindaco di Venezia, oltre che al primo cittadino l’onere e l’onore compete alle famiglie: le famiglie devono scegliere cosa leggono i propri figli, non gli educatori. E poiché molte famiglie (?) potrebbero sentirsi offese (?) dai contenuti ‘provocatori’ della cinquantina di libri introdotti nelle scuole, allora è giusto e anche sacrosanto che i bambini non li trovino più in aula.
C’è qualcosa di davvero gretto in questa decisione. […]
C’è qualcosa di gretto nel concetto che l’educazione dei bambini la fanno le famiglie: è quell’idea piccola piccola che la scuola non serve e non insegna, che la scuola non apre la mente ma può essere pericolosa e che chi la popola non è in grado di discernere che cosa i nostri figli devono imparare per diventare adulti consapevoli, liberi e possibilmente non razzisti.
Io mi fido della scuola in cui vanno i miei figli. Mi fido delle meravigliose educatrici dell’asilo nido che in questi anni hanno fatto sedere mia figlia davanti a uno scaffale della sua altezza, facendola innamorare dei libri. E delle maestre che hanno insegnato a leggere a mio figlio».
È così, con quattro righette, che Lara Crinò liquida una delle questioni più gravi del nostro tempo, esautorando la famiglia e piegandosi al diktat statalista della scuola-che-può-tutto.