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Dal «palazzo» alla Cei: a chi va il messaggio di una mobilitazione che nessuno si aspettava
NEWS 29 Novembre 2017    

Dal «palazzo» alla Cei: a chi va il messaggio di una mobilitazione che nessuno si aspettava

di Riccardo Cascioli

 

Contro tutto e contro tutti. Contro il maltempo che a due ore dall’evento ha scatenato un nubifragio che ha fatto temere l’annullamento della manifestazione; e contro i Galantini di ogni specie che hanno tentato in tutti i modi di sabotare questo evento di popolo.

Ma alla fine il popolo, un popolo formato da famiglie, dai nonni ai bambini più piccoli, ha risposto ben oltre le più rosee previsioni: un milione di persone che hanno riempito piazza San Giovanni e le vie limitrofe soltanto per dire «Ci siamo, e siamo decisi a difendere con le unghie e con i denti i nostri figli, e con essi il futuro della nostra società». In decine di migliaia, che erano arrivati presto in piazza, hanno sopportato stoicamente anche il nubifragio, miracolosamente cessato poco prima dell’inizio previsto e ripreso violento appena cessate le ultime parole del portavoce di “Difendiamo i nostri figli” Massimo Gandolfini. È come se anche il Cielo si fosse commosso davanti a questa voglia insopprimibile di esserci e avesse infine ceduto sospendendo il diluvio per consentire che questa voce si sentisse forte e facesse tremare anche i sordi palazzi della politica.

Del resto, miracoloso è stato anche l’evento in sé. Deciso il 2 giugno, in soli 18 giorni si è realizzata una mobilitazione incredibile: da ogni parte d’Italia, dalla Val d’Aosta fino alla Sicilia e alla Sardegna decine e decine di migliaia di famiglie hanno organizzato e realizzato il viaggio a Roma nel silenzio dei media, nella discreta ostilità di una parte dei vertici dell’episcopato italiano, nella mancanza di sostegni istituzionali, nella assoluta assenza di finanziamenti da qualsivoglia organizzazione e istituzione. Un popolo si è davvero autoconvocato: non per esprimere rabbia, non per reclamare privilegi, ma consapevole di rappresentare il fondamento della nostra società e per riaffermare quindi con decisione la propria esistenza contro i tentativi di distruggerla. Tentativi – lo abbiamo detto tante volte – che si chiamano disegno di legge sulle Unioni civili (Cirinnà), riforma della scuola con l’inserimento obbligatorio di lezioni sul genere, progetto di legge contro l’omofobia (Scalfarotto). Il dialogo può ripartire solo riconoscendo la dovuta dignità a questo popolo, che – la piazza lo dimostra – non è affatto minoranza. Si può anzi dire che quello di ieri sia stato un successo ancora maggiore del Family Day del 2007, che bloccò i Di.Co proposti da Rosy Bindi: sia quantitativamente sia qualitativamente visto che è nato tutto dal basso.

Se ieri un messaggio è stato lanciato forte e chiaro dalla piazza è stato il no assoluto al disegno di legge Cirinnà, la prima minaccia da affrontare (in ordine di tempo). E no assoluto anche all’introduzione dell’ideologia di genere nelle scuole. Ieri, la prima reazione degli esponenti dei partiti di sinistra è stata di irritazione e di rabbia: una folla così, difficile ignorarla, mette quel granellino di sabbia nell’ingranaggio che potrebbe bloccare quella “gioiosa macchina da guerra” che è la lobby gay. D’altra parte la semplice convocazione della manifestazione ha provocato la nascita di un gruppo di lavoro di parlamentari sulla famiglia, e tanti di loro ieri erano in piazza mescolati in gran parte nel pubblico. Otterrà dei risultati politici? Difficile dirlo, e però è un fatto nuovo che non va sottovalutato.

Ma un messaggio chiaro deve essere arrivato anche alla Conferenza episcopale italiana (Cei): per la prima volta, finalmente, si è realizzato un evento voluto e gestito da laici senza l’ingombrante presenza di “vescovi-pilota”, come li ha definiti papa Francesco. Anzi, il principale “vescovo-pilota”, il segretario della Cei Nunzio Galantino, ha fatto di tutto per impedire che l’evento si realizzasse e che poi, una volta deciso, non avesse successo. Ha “pilotato” il Forum delle Associazioni Familiari verso la non adesione, ha “pilotato” Avvenire – il quotidiano di proprietà della Cei – verso il silenzio-stampa: minimo il risalto dato alla preparazione della manifestazione, scandaloso il tentativo di mitigarne gli effetti.

Mentre tutti i giornali oggi (ieri ndr) danno ampio risalto in prima pagina al Family Day, l’Avvenire oggi in edicola (e nelle chiese) apre il giornale con questa sconvolgente notizia: «Lotta all’azzardo: il “bluff” del governo» (visto sabato sera in tv nell’anteprima delle prime pagine dei giornali). Ebbene sì, le polemiche intorno alla legge sul gioco d’azzardo sono la notizia del giorno per il quotidiano dei vescovi: neanche la Pravda dei tempi d’oro raggiungeva vette simili per nascondere le vere notizie. Ma non basta, la «folla grande e bella» di Roma è solo la terza notizia, dopo anche l’annuncio – che va avanti da giorni – della visita del Papa a Torino, che avverrà soltanto oggi (ieri ndr.). Una vergogna che non rende purtroppo ragione dell’impegno di quei vescovi – seppur minoranza – che invece hanno da subito sostenuto la manifestazione non facendo mancare il loro giudizio di pastori.

Certo è che la Cei nel suo insieme non ha proprio dato l’idea di «pastori che sentono l’odore del gregge», per usare l’efficace espressione di papa Francesco; il gregge è andato per la sua strada e i pastori l’hanno abbandonato. Una mancanza di direzione che coinvolge anche i movimenti ecclesiali: per la manifestazione di ieri si deve un grande grazie a Kiko Arguello (che ieri dal palco non ha mancato di lanciare una freccia appuntita a mons. Galantino) e al suo movimento Neocatecumenale, ma per il resto nessuno ha voluto metterci la faccia e si è arrivati ad esempio a situazioni paradossali, come quella di Comunione e Liberazione: tantissimi i militanti in piazza ieri malgrado il parere contrario dei vertici. È una ulteriore dimostrazione che, nel suo insieme, fosse dipeso dai vertici della Chiesa e dei gruppi ecclesiali ieri piazza San Giovanni sarebbe stata semideserta. E invece il popolo si è mosso, percependo con chiarezza la gravità del momento storico che stiamo vivendo. In tanti, ai piani alti della Chiesa dovrebbero riflettere.