Con un comunicato emesso lo scorso 3 giugno, il dipartimento delle relazioni estere del Patriarcato Ortodosso di Mosca ha annunciato la rottura delle relazioni con la comunità protestante unita di Francia e con i presbiteriani di Scozia, per la loro recente decisione di benedire le unioni omosessuali, decisione definita con estrema chiarezza e senza tanti giri di parole dagli ortodossi «incompatibile con la morale cristiana». Esclusa anche qualsiasi prospettiva di nuovi contatti ufficiali, almeno non nell’immediato futuro, ne è possibile o pensabile parlare di «compromessi», dopo la decisione assunta nel 2008 dal Concilio dei Vescovi, decisioni per la quale «le relazioni con le comunità protestanti» sarebbero dipese «dalla loro fedeltà alle norme morali dell’Evangelo».
Già nel 2003 la chiesa ortodossa russa assunse tale decisione e per gli stessi motivi nei confronti degli episcopaliani statunitensi, quando consacrarono «vescovo» Gene Robinson, dichiaratamente omosessuale. E nel 2005 altrettanto fecero con la comunità luterana di Svezia, avendo anche questa a sua volta aperto alle “nozze” gay, benedicendole.
Si badi come i rapporti degli ortodossi con i protestanti fossero anche più stretti di quelli della Chiesa Cattolica, in quanto gli ortodossi e le altre chiese orientali (etiope, copta, armena, siriaca ed assira) facevan parte con protestanti e anglicani del Consiglio Mondiale delle Chiesa, organismo di cui il Vaticano è invece semplice «osservatore».