La musica sacra è tale perché partecipa del medesimo principio che regola la sacra liturgia: è di competenza divina, ovvero è in gioco il diritto di Dio di essere adorato come egli ha stabilito. Partecipa inoltre dello stesso fine: la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli.
Ma la musica che oggi si esegue nelle chiese eleva lo spirito alle cose soprannaturali? Introduce nei misteri, nobilita il pensiero, purifica le facoltà interiori? Oppure si accontenta di piacere ai gusti momentanei e di offrire un intrattenimento effimero, di cantare i nostri sentimenti, le nostre angosce e di chiuderci nel cerchio della piccola cronaca quotidiana? La domanda, ovviamente, è retorica.
Per riflettere su un tema cruciale quanto trascurato, presentiamo un dossier realizzato per il Timone da quattro grandi esperti del rapporto fra musica e liturgia, che hanno firmato questi contributi:
Don Nicola Bux: La musica liturgica postconciliare e la battaglia di Benedetto XVI
Don Enrico Finotti: Punti fermi per orientarsi nel caos
Giannicola D’Amico: Sono solo canzonette. Breve viaggio tra abusi e kitsch
Fulvio Rampi: Canto gregoriano: perché la Chiesa deve recuperare il suo tesoro