Caro Padre Angelo,
Questo volta vengo a Lei a causa di un mio caro amico, quasi trentenne, che purtroppo ho scoperto non essere tale poiché ha preso in giro me e tutti coloro che gli sono stati vicini da 16 anni a questa parte. Di recente ho appurato, infatti, che questo mio amico è omosessuale e che, appunto, lo è da circa 16 anni.
Le chiedo un consiglio su cosa posso fare io per lui. Inoltre, mi porto dentro, purtroppo, un rifiuto di voler avere a che fare con lui e mi chiedo se in ciò pecco, se è mancanza di perdono e di carità e se quindi debbo confessarlo al sacerdote.
Gli dirai francamente tutta la dottrina della Chiesa a proposito della castità che è richiesta a tutti, a ognuno secondo il proprio stato.
Per una persona omosessuale questo richiede l’astinenza da ogni atto di omosessualità, dal momento che i rapporti omosessuali:
– “sono intrinsecamente disordinati e che in nessun modo possono ricevere una qualche approvazione” (Persona Humana 8),
– “sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile” (PH 8).
– Gli dirai che “l’attività omosessuale rafforza un’inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento” (Homosexualitatis problema 7),
– che “l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità, perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio” (HP 7)
– che è chiamato a realizzare la volontà di Dio unendo ogni sofferenza e difficoltà che può sperimentare nella sua vita a motivo della sua condizione al sacrificio della croce del Signore. La croce è sì un rinnegamento di sé, ma nell’abbandono alla volontà di quel Dio che dalla morte trae fuori la vita” (HP 12).
Padre Angelo