La rotta consolidata e prevalentemente utilizzata per il trasferimento dei trans prevedeva, quasi sempre, una sosta a Parigi prima di giungere in Italia: prelevati direttamente all'aeroporto o alla stazione ferroviaria dal "referente" di zona, i giovani venivano avviati alla prostituzione a Roma e sul litorale romano. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Con un corollario di storie agghiaccianti.
L'indagine prende avvio dalla denuncia presentata ai carabinieri da un giovane argentino, inserito nell'ambiente della prostituzione transessuale del litorale sud di Roma. Sono scattate ricerche e pedinamenti e subito si è delineata l'esistenza di un'organizzazione criminale dedita stabilmente da almeno una decina d'anni a far entrare in Italia transessuali argentini da avviare alla prostituzione, tenendoli in una situazione di totale assoggettamento al capo e promotore detto "Mamà".
In particolare è stato accertato che i capi dell'organizzazione, attraverso i loro affiliati, reclutavano in Argentina ragazzi, portandoli poi a Buenos Aires e collocandoli in un noto albergo nel quartiere Palermo. Si parlava di circa 30-40 ragazzi contemporaneamente. Attraverso medici compiacenti, l'organizzazione avviava pesanti cure ormonali e, ai più promettenti, interventi di chirurgia plastica. Una volta terminato il processo di trasformazione, i giovani venivano quindi avviati alla prostituzione in Argentina, per poi essere selezionati e inviati in Italia muniti di falsi passaporti e la cosiddetta "borsa di viaggio" cioè un biglietto aereo di sola andata, i recapiti necessari una volta giunti a destinazione e un anticipo per le prime spese.
In riferimento all’operazione dei carabinieri, c'è un docufilm del 2005 che mostra la struttura che ospitava i ragazzi avviati alla trasformazione a Buenos Aires. Si chiama "Hotel Gondolin", questo il nome anche del film diretto da Fernando López Escrivá e che viene citato nell'ordinanza. L'hotel è l'alloggio e rifugio di una trentina tra transgender e sex worker.
La rotta consolidata e prevalentemente utilizzata per il trasferimento dei transessuali prevedeva, quasi sempre, una sosta a Parigi prima di giungere in Italia dove venivano prelevati direttamente all'aeroporto o alla stazione ferroviaria dal "referente" di zona per poi essere avviati alla prostituzione in Roma e sul litorale romano. Il "referente" provvedeva a ritirare la rimanenza della borsa di viaggio ed il passaporto, assicurandosi in tal modo la loro permanenza e il totale assoggettamento. E' stata accertata l'esistenza di un vincolo indissolubile tra gli affiliati e le vittime che non avevano alcuna libertà e che venivano avviati alla prostituzione attraverso continue riunioni nelle quali i referenti di zona dettavano gli ordini, indicavano gli orari di lavoro e quanto ogni singolo transessuale doveva guadagnare e consegnare ai sodali.
La disubbidienza veniva pagata con dure violenze fisiche e psicologiche: nel corso dell'indagine è stato anche accertato il suicidio di un giovane transessuale il quale, in pieno tracollo psicologico, si è lanciato dall'appartamento dove viveva in Pomezia. A tutto ciò si aggiunge il consumo di droga. Ai transessuali infatti veniva data anche la cocaina da consumare con i loro clienti. L'operazione, tuttora in corso, vede l'impiego di circa 100 xarabinieri tra le province di Roma e Ascoli Piceno.