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Il dito di mons. Nazzaro, vescovo emerito di Aleppo, puntato sulla fasulla «primavera siriana»
NEWS 19 Marzo 2015    

Il dito di mons. Nazzaro, vescovo emerito di Aleppo, puntato sulla fasulla «primavera siriana»

di Marco Tosatti

 

Quattro anni fa cominciava la cosiddetta "primavera siriana", capitolo drammatico e sanguinoso della più ampia "primavera araba". Ci sembra interessante pubblicare alcuni stralci di una riflessione di mons. Giuseppe Nazzaro, vescovo emerito di Aleppo, pubblicata integralmente sul sito " Ora Pro Siria ".   

 

"Il tempo scorre inesorabilmente, noi non ce ne rendiamo conto, purtroppo. Domani 15 marzo, la triste “primavera siriana” compie quattro anni. Si dovrebbero tirare delle somme ma, avendola definita “triste”, si potrebbe pensare che abbia già detto tutto. Niente affatto vero! Perché, in realtà, il povero popolo siriano continua a soffrire ed a morire tanto che ormai tutto ciò che sta succedendo in quel paese non ci interessa più di tanto.   

La nostra insensibilità per la sofferenza di tanti nostri fratelli di fede e non, ha raggiunto forse l’apice, così che anche le stesse notizie falsificate o gonfiate per condannare soltanto una parte dei contendenti e che una volta i mass media ci davano con dovizia di falsi particolari, oggi non ci giungono quasi più o se qualcosa ci viene riferito si tratta di una cosa marginale, ormai ci siamo assuefatti.   

Lasciamo che un popolo muoia, noi stiamo bene. Invece non è affatto così! Oggi a noi Occidentali due sole cose interessano e dobbiamo guardarcene: i Profughi che fuggono quella guerra ed arrivano sulle nostre coste, ed i terroristi del neo califfato governato dai tagliagole, laggiù convogliati da varie parti del mondo compresa la nostra democratica Europa.   

I Profughi sono persone che per salvare la propria vita hanno sacrificato tutto rischiando pure di perderla nella traversata delle infide acque del Mediterraneo. Le loro Odissee ci dovrebbero far riflettere: perché tutto questo? chi l’ha provocato? chi l’ha voluto e soprattutto, chi l’ha sostenuto? Sono domande che non ho mai letto sui giornali e tanto meno ho ascoltato in un TG. Queste domande non ce le poniamo, perché siamo convinti (?) che abbiamo aiutato un popolo a raggiungere la democrazia. E neppure qui ci siamo posti la domanda: quale democrazia? No. Non possiamo porci questa domanda perché siamo convinti che la democrazia sia la nostra…   

…Visto che la nostra democrazia ha fallito, non è riuscita ad eliminare colui che, pur non dichiarandosi campione democratico, governava il paese secondo un sistema laico applicato ai principi socio-morali di una società che egli conosceva. (Pardon! noi, però, la conoscevamo meglio perché avevamo già il vestito pronto da far indossare a tutti e valido per tutte le stagioni). Non abbiamo capito il pericolo dell’entrata in azione dei gruppi salafiti penetrati dalla vicina Giordania, che attaccarono subito la base di Banias sul Mediterraneo, non abbiamo neppure capito le formazioni terroristiche che convogliavano nel Nord della Siria via Turchia. Non abbiamo capito neppure la loro prima 'dichiarazione del Califfato' fatta nella città di Raqqa. Abbiamo cominciato a capire qualcosa quando ci sono state le prime teste tagliate, non ai siriani o agli irakeni, bensì ai nostri, ai due – tre – quattro americani, europei, ecc… solo in questo momento ci siamo resi conto di cosa siamo stati capaci di mettere in piedi, ma nessuno ha il coraggio di dire “mea culpa”.   

Noi, paladini della libertà ed in nome della democrazia, in varie zone d’Europa, non esclusa la nostra terra, abbiamo pensato bene di far scomparire la croce dagli edifici pubblici, dalle scuole; abbiamo fatto la battaglia contro il presepe (peraltro introdotto nella tradizione cristiana dal paladino della pace San Francesco d’Assisi). Tutto questo per non offendere la sensibilità di coloro che domani potrebbero essere i nostri aguzzini. La rimozione della croce, il non fare il presepe, a parte tutto, sono gesti stupidi e beceri da parte di chi pretende di essere democratico e propagatore della libertà di espressione".