di Enzo Pennetta
Per chi ha un minimo di preparazione scientifica o solo un minimo di buon senso sembra uno scherzo macabro. E invece si tratta veramente di gente disposta a spendere oltre 150mila euro per inseguire un sogno d’immortalità che ha a che fare più con la stregoneria che con la scienza.
In un video pubblicato sul Corriere della Sera nell’articolo Rinascerò fra 300 anni» speranze e certezze dei futuri ibernati italiani è possibile vedere e ascoltare la testimonianza dei primi italiani che si sono affidati ad una società specializzata, il Cryonics Institute, delle Alcor Cryonics, per essere ibernati in attesa che il progresso scientifico abbia trovato un rimedio per quelle che saranno state le cause della loro morte.
Per poter aderire ad un progetto simile è necessario che sia prima stata eliminato il processo del pensiero logico, le contraddizioni in cui cadono gli interessati sono infatti riscontrabili nell’articolo del Corriere: «Forse c’è vita dopo la morte. Tra 500 anni potremmo risorgere, magari tra mille. E quando ci risveglieremo, potrebbero esserci le cure che ci faranno guarire dai mali per cui siamo morti. Così continueremo a vivere ancora a lungo, dopo un decesso soltanto temporaneo. Immortali, o quasi. Per qualcuno è fantascienza, per altri una speranza, per pochi ancora una certezza. “Siamo sicuri di rinascere nei prossimi secoli”. Non sono pazzi, credono fortemente nella scienza e hanno stipulato onerosi contratti di ibernazione con società americane. Vitto Claut, avvocato friulano, è uno dei primi italiani ad aver scelto l’auto-congelamento. Daniele Chirico, romano, si farà ibernare insieme alla moglie Rita e alla figlia Ilenia. Tutti loro andranno a morire negli Stati Uniti, negli ospedali delle società che si occuperanno della conservazione del loro corpo a -196 gradi, dentro silos d’alluminio pieni di azoto liquido, dove attualmente sono già conservati un centinaio di cadaveri. Anzi, pazienti in attesa di risorgere».
No, dispiace contraddire l’articolista, non si tratta di gente che crede nella scienza, si tratta di una credenza nell’assurdo, di un sottoprodotto della cultura scientista, quella che ha divulgato la falsa immagine di una scienza onnipotente che ha solo bisogno di tempo per raggiungere qualsiasi risultato, negli immaginari scienziati del futuro è possibile riconoscere quelli pensati da Francis Bacon nel suo “sogno” della Nuova Atalntide, l’utopia, o meglio la distopia all’origine dello scientismo. L’ultimo periodo riportato può essere formulato solo previa rinuncia all’uso della logica elementare, quelli che vengono definiti “cadaveri”, dopo solo due parole vengono definiti “pazienti” in attesa di risorgere.
L’ossimoro di un “paziente cadavere” non mostra persone che credono nella scienza ma in una pseudo religione della resurrezione che rappresenta l’avverarsi di un aforisma attribuito a Chesterton “Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto”. Si comincia ad esempio col credere che se la scienza avrà trovato una cura per la causa della propria morte, dovrà aver trovato anche il modo di resuscitare i cadaveri, infatti l’ibernazione non può che essere compiuta dopo l’accertamento della morte clinica:
«il processo di ibernazione deve essere veloce, per evitare la decomposizione del corpo: entro due minuti dalla morte clinica, la testa del paziente deve essere portata a –96 gradi, dopodiché il sangue viene sostituito con un compost chimico denominato liquido criogenico e il corpo viene inserito nel silos a testa in giù. Gli italiani che si faranno ibernare amano la vita e non vogliono morire. “Farsi ibernare è come giocare la schedina – dice Vitto Claut – Se esiste anche una sola possibilità di tornare al mondo, non voglio certo sprecarla”. Lui si è già immaginato il futuro, è pronto a viverlo: “Vivremo sotto terra, in un pianeta senz’acqua e senza piante, ci nutriremo di pillole e andremo su Marte per il week end. Rinascerò fra 300 anni, sono sicuro, ma tra la morte clinica e la resurrezione saranno passati in realtà pochi istanti. E quando rinascerò, sarò a metà della vita: se nel 1300 la vita media delle persone era di 40 anni e oggi è di 80, fra 400 anni la vita media sarà di 160 anni e io potrò vivere altri 80 anni”».
«Edue minuti dalla morte clinica», viene specificato, ma nessuno si domanda perché l’ibernazione deve avvenire solo dopo la morte e non prima perché la risposta sarebbe che ibernare prima della morte costituirebbe omicidio volontario e tutta la dirigenza dell’Alcor aspetterebbe nelle patrie galere (o nel braccio della morte, dipende dagli Stati) il momento di essere a sua volta congelata. Portare le testa di una persona a -96 °C è ucciderla. Poi per sicurezza si asporta anche il sangue e si sostituisce con un fluido non meglio precisato, così, tanto per essere sicuri di aver veramente ucciso il “paziente”.
Ma alla Alcor affermano che non è così.
All’ignoranza scientifica si aggiungono anche i luoghi comuni storici, quelli che per magnificare le “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità fanno credere che la speranza di vita sia frutto della scienza e non che sia legata invece alla qualità della vita, non fu per la scienza moderna che Democrito di Abdera visse 90 anni, Pitagora sfiorò gli 80, così come Platone. Gli aspiranti resuscitati sono certi che in futuro si vivrà fino a 160 anni e oltre, non leggono i giornali e non sanno che la oggi la tendenza è invece quella di negare le cure agli anziani perché sarebbero uno spreco di soldi per cure che avrebbero un ritorno trascurabile. Se proprio questi surgelati pazienti cadavere dovessero risvegliarsi sarebbe più probabile che, dopo un breve saluto ai medici, verrebbe loro praticata l’eutanasia. Ave atque vale, avrebbe detto Catullo.
Ma sorge infine un altro dubbio, anche il merluzzo surgelato ha una scadenza, qual è quella dei cadaveri dell’Alcor?
Questi soni i danni di una scienza che non sa dichiarare i propri limiti, che vuol far credere di potere tutto, che non sa dire i suoi “non lo so” e i suoi “non posso”, fino a diventare pseudoreligione. Per intenderci, quella che leggiamo così spesso sui giornali.