Giovanni Palatucci (1909-1945) era un poliziotto, per la precisione vicecommissario aggiunto di pubblica sicurezza. Nel 1937, il regime fascista lo mise all’Ufficio stranieri e poi lo passò alla Questura di Fiume, in Croazia, dove rimase fino al 13 settembre 1944. In quella data infatti venne arrestato dalle SS nazionalsocialiste tedesche e internato, il 22 ottobre, nel campo di concentramento di Dachau, in Germania (che è il più grande cimitero del mondo di sacerdoti cattolici). Qui morì di senti il 10 febbraio 1945, 70 anni fa, 78 giorni prima della liberazione del campo. Cosa aveva fatto di tanto grave un poliziotto del regime fascista per meritarsi l’ignominia del lager? Aveva salvato 5mila ebrei dalle mani dei nazisti, soprattutto quando era di stanza a Fiume, come ricorda lo zio, mons. Giuseppe Maria Palatucci (1892-1961), vescovo di Campagna.
Per questo nel 1990 è divenuto Giusto tra le nazioni in Israele, Medaglia d’oro al merito civile della repubblica italiana nel 1995 e martire del secolo XX per la Chiesa Cattolica (così si espresse san Giovanni Paolo II) che il 21 marzo 2000 ha aperto il processo di canonizzazione, dichiarandolo Servo di Dio nel 2004.
Ma poi è successo che qualcuno abbia aggrottato le ciglia, mettendosi a cavillare. Nel 2013, infatti, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi ha avanzato dubbi sulla corretta ricostruzione storica delle vicende legate alla sua figura e mezza stampa internazionale si è subito lanciata a definire filonazista l’uomo che dai nazisti aveva salvato numerosissimi ebrei. Un brutto affare. Che però è fondato sul nulla, come lo storico contemporaneista Matteo L. Napolitano ha evidenziato su Avvenire, documentando come per le accuse infamanti a Paolucci non esistono affatto prove. Fa ancora testo, sulla sua vicenda, il bell’articolo pubblicato nel 2005 dal padre gesuita Piersandro Vanzan (1934-2011) sul mensile 30 Giorni. È dunque bello e altamente significativo che la RAI si sia ricordata di omaggiare un eroe martire come Paolucci.