Dl 1938 al 1945 ben 2720 sacerdoti cattolici sono stati internati nel famigerato campo di concentramento nazista di Dachau, vicino a Monaco di Baviera, radunati dai carnefici in apposite baracche. Oggi sono note come « le baracche dei preti ». Di quei quasi 3mila deportati, 1034 non sono mai usciti da Dachau. Sono morti lì. Assieme ai molti, troppi altri internati.
I sacerdoti deportati e uccisi erano polacchi, belgi, tedeschi, fracesi, italiani, cechi e jugoslavi.
Guillaume Zeller (gionalista francese di vaglia, specialista di argomenti storici, e rnoto documentarista) ha appena pubblciato un libro "bomba" sull’argomento, La baraque des prêtres. Dachau, 1938-1945, edito a Parigi da Tallandier, una delle più grosse e rinomate etichette francesi.
Nel raccontare le storie di quei sacerdoti, Zeller sottolinea come le loro più disparate provenienze non fanno che dimostrare l’universalità della madre Chiesa anche pur nel martirio. Davanti al loro abito sacerdotale, segno comunque di una certa distinzione e di una oggettiva rispettabilità, la barbarie omicida non si è fermata. Il colpo d’occhio del resto è di gradne impatto, basta vedere la carrellata dei volti e dei visi di quei martiri che Zeller rende disponibile a tutti su Pinterest.
La loro è una storia tanto agghiacciante quanto praticamente dimenticata, e il libro di Zeller lo dovrebebro davvero legegre tutti, per primi quelli che ancora straparlano di "certe connivenze" tra cattolicesimo e nazismo. Dachau, infatti, resta il più grande cimitero di sacerdoti cattolici del mondo.