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Il Medioevo dei monasteri? Un’epoca di luce e di balzi tecnologici. Non lo si dirà  mai abbastanza
NEWS 7 Agosto 2014    

Il Medioevo dei monasteri? Un’epoca di luce e di balzi tecnologici. Non lo si dirà mai abbastanza

La polemica sul Medioevo ormai dura da tre secoli, ossia da quando gli illuministi definirono la loro epoca come moderna e illuminata, bollando di oscurantismo il cosiddetto Medioevo. Il tentativo di negare la presenza di radici cristiane all’Europa ha indotto il sociologo americano Rodney Stark a scrivere un bel volume intitolato La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà progresso e ricchezza, chiarendo che i risultati dell’illuminismo furono possibili perché in precedenza c’era stato il Medioevo, un’epoca che ebbe solamente la Chiesa come sorgente di cultura.

L’istituzione più significativa del Medioevo è certamente il monastero che ha lontane origini in Egitto e Siria, ma che solamente in Occidente, con san Benedetto, assunse la funzione di oasi di razionalità, di famiglia bene ordinata, aperta a viandanti e pellegrini, asilo dei poveri e dei perseguitati. Per far fronte a tutte queste necessità, il lavoro dei monaci doveva assicurare eccedenze di viveri e altri manufatti, messi in vendita nei più vicini mercati.

Un monastero alto medievale, come San Vincenzo al Volturno in Molise, riportato alla luce dagli archeologi dell’Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli, assomigliava a una piccola città circondante una chiesa accanto alla quale si affacciano una cinquantina di botteghe dedicate a specifiche attività. Perciò è ingenuo pensare che i monaci provvedessero unicamente a miniare e trascrivere vecchi codici. In realtà dovevano provvedere alle necessità di una comunità operosa che poteva arrivare ad alcune centinaia di persone che si erano assoggettate volontariamente alla disciplina del monastero e perciò lavoravano alacremente. Tuttavia erano una comunità di persone libere, che si consideravano fratelli tra loro e perciò nessuno poteva es-sere sfruttato. Perciò occorreva trovare congegni in grado di alleviare la fatica dell’uomo che lavora.

Il mondo antico, pur avendo creato una scienza piuttosto sviluppata, non elaborò una tecnologia che pure era permessa dal livello raggiunto dalle scienze. Il motivo va cercato nella prassi del lavoro affidato agli schiavi. Il mondo antico fu inventivo solamente per quanto riguarda la tecnologia militare, le macchine per assedio, la costruzione di ponti e strade, utilizzando il lavoro dei soldati. Invece, dalle miniature veniamo a sapere che nel Medioevo, fin dall’XI secolo, era in uso l’aratro pesante con vomere di ferro poggiante su un affusto con due ruote, trascinato da una o più coppie di buoi. L’aratura perciò era profonda e il raccolto successivo risultava più abbondante. L’esperienza insegnò ad alternare il tipo di coltivazioni perché, come sappiamo ora, alcune piante consumano certi sali del terreno che vengono ripristinati dalle radici di altre piante, per esempio le papilionacee (fave e fagioli). Ciò significa che si tenevano accurate misure del lavoro e dei risultati del lavoro. L’accrescimento di terre destinate a coltura e il trasporto su terreno duro dei prodotti agricoli esigeva che zoccoli e unghie degli animali da traino fossero protette dall’eccessiva usura. Fin dall’VIII secolo compaiono la sella con arcione, le staffe lunghe, il morso dei cavalli, ma soprattutto il collare rigido per cavalli e muli che ha il compito di scaricare il carico trainato sugli omeri dell’animale, senza comprimere i polmoni, come facevano le fasce pettorali impiegate dagli antichi.

di Alberto Leoni, da Il Timone, Aprile 2007