di Andrea Tornielli
È un caso che la Santa Sede considera chiuso ma che in Slovacchia rimane ancora aperto: libri, interviste, manifestazioni di piazza. La destituzione «per gravi motivi» del giovane arcivescovo di Trnava, il religioso redentorista Robert Bezák, continua a infiammare gli animi. Bezák venne sollevato dall'incarico per decisione di Benedetto XVI il 2 luglio 2012. Nel comunicato diffuso dalla nunziatura apostolica di Bratislava si leggeva: «Sulla base di numerose segnalazioni riguardanti la situazione pastorale nell’arcidiocesi di Trnava inviate da sacerdoti e fedeli direttamente alla Santa Sede, il Segretario di Stato vaticano aveva autorizzato la Congregazione per il clero a condurre una visita apostolica in quella Chiesa particolare allo scopo di verificare le lamentele… In seguito, la Congregazione per i vescovi ha informato monsignor Bezák delle questioni più importanti relative alla sua persona e alle sue attività pastorali, chiedendo al vescovo di esaminare quanto emerso e di spiegare la sua posizione. Il Santo Padre, dopo un’attenta riflessione, ha deciso di chiedere a Bezak di dimettersi dal suo incarico pastorale nell’arcidiocesi di Trnava. Dopo il rifiuto del vescovo, il Santo Padre ha deciso di sollevarlo dal suo incarico».
L’arcivescovo rimosso, ritiratosi nel convento dei Redentoristi di Bussolengo (Verona) lo scorso 25 giugno era presente al «baciamano» in piazza San Pietro: ha parlato per un paio di minuti con Papa Francesco e gli ha consegnato una lettera. I fotogrammi relativi all'incontro – non un colloquio privato, ma il semplice saluto che al termine dell'udienza generale tutti i vescovi presenti possono fare al Pontefice – è stata rilanciata dai media slovacchi. Nel Paese infatti non si placano le proteste dei sostenitori di Bezák. Migliaia di lettere e cartoline sono state inviate a Francesco con la richiesta di riabilitazione dell’arcivescovo rimosso e di regola una volta al mese, sempre il giorno 6 (perché il 6 giugno 2009 Bezák fu consacrato vescovo), un gruppo si riunisce per protestare contro la Santa Sede sotto le finestre del nunzio apostolico a Bratislava.
I sostenitori di Bezák hanno prodotto interviste, discorsi, manifestazioni di protesta e persino un film-documentario. E hanno trovato alleati nei Paesi vicini (nella Repubblica Ceca e nel movimento «Noi siamo Chiesa» in Austria). Bezák viene presentato come una vittima dell’Inquisizione del XXI secolo per il suo approccio pastorale aperto e riformista. Nel 2013, sono usciti due libri-intervista con lui: «Confessione» (con Maria Vrabcova) e «Tra paradiso e inferno» (con Stefan Hríb). La novità di questi ultimi giorni, oltre al breve incontro con Papa Francesco, è rappresentata dall'uscita di un nuovo libro, a firma del gesuita slovacco Sebastian Labo, scritto sotto forma di lunga lettera aperta al «fratello Robert». Il libro, dal quale alcuni confratelli gesuiti hanno preso le distanze, è stato pubblicato da una casa editrice cèca con sede a Praga (Ottovo nakladatelství) perché in Slovacchia nessuno ha voluto farlo. Padre Labo è morto pochi giorni prima che il volume venisse messo in vendita.
Questi i motivi della rimozione elencati da padre Labo nella sua «lettera aperta». Innanzitutto il modo con cui Bezák si è comportato con il suo predecessore (l’arcivescovo Sokol) e con i vescovi ausiliari (Toth e Vrablec): un comportamento descritto per nulla fraterno ma anzi bollato dal gesuita come «non cristiano» e anche poco umano. Il secondo motivo riguarda il rapporto con i sacerdoti dell'arcidiocesi, che sarebbero stati trattati come sudditi.
Un'altra critica contenuta nel libro riguarda «La lampada», il programma sulla Tv di stato, dove Bezák ha discusso con il moderatore circa la presenza reale di Gesù nell'euca Serva da monitoristia distinguendo l’interpretazione letterale o di fatto. «Questo andava bene per una tesi di laurea in teologia dogmatica in un circolo chiuso di professori – contesta padre Labo – ma non in un’occasione pubblica alla televisione. Dell’eucaristia un vescovo deve affermare in modo chiaro che si tratta del corpo reale di Cristo». Sempre in occasione di un'intervista televisiva, viene poi contestato all'arcivescovo di aver detto che una persona può essere sia «in paradiso che all'inferno nello stesso tempo».
I sostenitori di Bezák ritengono però infondate e ingenerose le critiche di padre Labo e continuano a ritenere l'arcivescovo vittima di un errore, sostenendo che all'origine del provvedimento ci sarebbero soprattutto problemi finanziari riguardanti la gestione della diocesi prima del suo arrivo: in ogni caso l'arcivescovo rimosso si è trasformato in una sorta di simbolo nazionale. Ritengono anche che nella lettera consegnata dall'arcivescovo a Papa Bergoglio in piazza San Pietro vi sia la richiesta di far chiarezza sui motivi che hanno portato alla destituzione. Al momento della rimozione, sulla stampa slovacca vennero riportate alcune ipotesi sulle motivazioni del provvedimento, diverse da quelle elencate nel libro di padre Labo: Bezák sarebbe stato criticato per aver avuto come collaboratori dei preti omosessuali, per l'atteggiamento tenuto in pubblico nei confronti del Papa, e per la sua abitudine a indossare abiti civili.