Papa Francesco conserva gelosamente e porta sempre con sé un foglio, oramai scolorito dal tempo, in cui ha vergato una propria personale professione di fede, scritta «in un momento di grande intensità spirituale» poco prima di essere ordinato sacerdote, e che ‒ dice e ripete il Pontefice non solo da quando è Pontefice ‒ oggi tornerebbe senz’altro a firmare. Questa:
Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore,
che ha infuso il suo Spirito nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così nel regno della vita eterna.
Credo nella mia storia, permeata dallo sguardo benevolo di Dio, che nel primo giorno di primavera,
il 21 settembre, mi è venuto incontro e mi ha invitato a seguirlo.
Credo nel mio dolore, infecondo per colpa dell'egoismo, in cui mi rifugio.
Credo nella meschinità della mia anima, che vuole prendere senza mai dare… senza mai dare.
Credo che gli altri sono buoni, e che devo amarli senza timore,
e senza mai tradirli per cercare una sicurezza per me.
Credo nella vita religiosa.
Credo che voglio amare molto.
Credo nella morte quotidiana, ardente, alla quale
sfuggo ma che mi sorride invitandomi ad accettarla.
Credo nella pazienza di Dio, accogliente, dolce come una notte estiva.
Credo che papà sia in cielo accanto al Signore.
Credo che anche padre Duarte, mio confessore, sia in cielo, a intercedere per il mio sacerdozio.
Credo in Maria, mia madre, che mi ama e non mi lascerà mai solo.
E attendo la sorpresa di ogni giorno in cui si manifesterà l'amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all'incontro definitivo con quel viso, meraviglioso che non so come sia, che sfuggo in continuazione, ma che voglio conoscere e amare. Amen.