Dopo il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller; l’ex presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, il cardinale Walter Brandmüller; uno dei teologi più impegnati e apprezzati da Giovanni Paolo II negli studi su matrimonio e famiglia, il cardinale Carlo Caffarra; uno dei più stimati canonisti della Curia romana, il cardinale Velasio De Paolis; un astro nascente del collegio cardinalizio come l’ha definito Sandro Magister, il cardinale Thomas Collins; ora è anche una delle voci più significative dell’attuale teologia australiana, Adam G. Cooper, membro dell’Associazione internazionale di studi patristici, a intervenire e smontare il “teorema Kasper”. Ossia la possibilità per i divorziati risposati di accedere al sacramento della comunione, proposta illustrata dal cardinale Walter Kasper all’ultimo concistoro e che sarà uno dei punti chiave del prossimo Sinodo sulla famiglia.
Cooper, in un lungo articolo dai toni rispettosi ma fermi pubblicato dal Catholic World Report, da esperto di patristica qual è prende in esame le citazioni dei padri della Chiesa usate da Kasper per sostenere la sua tesi – Origine, Basilio, Gregorio Nazianzeno, più il canone 8 del Concilio di Nicea – e dimostra come in nessun modo da esse si può dedurre un’apertura alla comunione per i divorziati risposati. “Spiace – scrive Cooper – che il cardinale Kasper abbia distorto le testimonianze della Chiesa degli inizi in modo da supportare una soluzione pastorale di cui lui sembra a favore”. Il tema è complesso, riconosce il teologo australiano, e non è detto che per trovare risposte a problemi odierni dobbiamo seguire pedissequamente ciò che troviamo negli scritti dei Padri. Tuttavia è certo che la soluzione a certi dilemmi può venire solo se la misericordia, come riconosce lo stesso Kasper, resta unita alla verità.