di Massimo Introvigne
Lunedì 7 luglio 2014 la diocesi cattolica di Baton Rouge, in Louisiana, ha pubblicato un durissimo documento dove critica una sentenza della Corte Suprema della Louisiana che segna il primo significativo assalto negli Stati Uniti contro il segreto della confessione.
La sentenza si riferisce a un caso di abusi sessuali, ma non ha niente a che fare con i preti pedofili. Riguarda una ragazzina cattolica, dodicenne all'epoca dei fatti, che aveva confessato al parroco di avere una relazione con un uomo adulto, un impresario di pompe funebri del suo paese. Senza violare il segreto della confessione, il parroco aveva cercato di avvicinare discretamente l'uomo per convincerlo a porre fine alla relazione, che – senza portare a rapporti sessuali completi – includeva comunque momenti di «intimità» non appropriati per una dodicenne. Successivamente, la ragazza aveva confessato la relazione ai genitori, che avevano denunciato l'uomo alla polizia. Dopo l'iscrizione sul registro degli indagati, l'uomo era morto.
I genitori della ragazza – con il supporto di organizzazioni e avvocati che di solito cercano di ottenere fortissimi risarcimenti dalle diocesi nei casi di abusi commessi da sacerdoti -, non potendo più prendersela con il defunto, hanno deciso di citare per danni la sua impresa di pompe funebri e insieme la parrocchia e la diocesi cattolica, sostenendo che, se il sacerdote avesse riferito il contenuto della confessione della figlia alla polizia, la relazione – che, vista l'età della ragazzina, dal punto di vista legale costituisce un caso di abuso sessuale – sarebbe cessata. Tradurre il danno psicologico subito dalla ragazza in un risarcimento monetario non è facile, ma i tribunali americani sono abituati a questi calcoli.
La questione giuridica centrale è ovviamente un'altra. Il sacerdote avrebbe dovuto violare il segreto della confessione? Sì, aveva risposto il tribunale di East Baton Rouge nella sentenza di primo grado, perché la protezione dei minorenni contro gli abusi sessuali prevale sul diritto di libertà religiosa, che tutela anche il segreto della confessione. La sentenza aveva suscitato grande clamore negli Stati Uniti e ampie proteste da parte della Chiesa Cattolica e anche di altre organizzazioni religiose. Il 21 ottobre 2013 la Corte d'Appello per il Primo Circuito della Louisiana aveva rovesciato la decisione di primo grado con un'autentica lezione in tema di libertà religiosa, spiegando che costringere un sacerdote a violare il segreto della confessione sovvertirebbe completamente il principio americano della libertà di religione, e notando anche che forse questi attacchi alla religione possono avere un posto nella mentalità giuridica contemporanea europea, ma certamente non negli Stati Uniti.
Tra l'altro – opportunamente istruita dagli avvocati – la ragazza, ormai diciassettenne, aveva «ricordato» che il parroco le aveva consigliato di non parlare con nessuno della relazione. Il sacerdote era stato così posto in una situazione impossibile: tacendo avrebbe ammesso la versione della ragazza, parlando avrebbe violato il segreto della confessione. La Corte d'Appello aveva pertanto concluso che, per evitare questo tipo di situazioni, anche alla penitente – non importa se minorenne – si sarebbe dovuto impedire di testimoniare sul contenuto della confessione.
Contro la sentenza della Corte d'Appello i genitori – o meglio i loro avvocati (che di solito negli Stati Uniti tengono per sé la maggior parte dei risarcimenti) – hanno proposto ricorso alla Corte Suprema della Louisiana, la quale ha ora deciso che il sacerdote avrebbe dovuto violare il segreto della confessione e contattare la polizia. Secondo la sentenza, è vero che la giurisprudenza americana ha sempre protetto il segreto della confessione, ma questa protezione sarebbe intesa a tutelare il penitente e la sua privacy, non il sacerdote. In questo caso gli interessi della penitente avrebbero richiesto la denuncia; inoltre, la ragazza ora «ricorda» pure che aveva autorizzato il sacerdote, in confessionale, a riferire a terzi il contenuto della sua confessione.
La diocesi di Baton Rouge, nella sua nota, osserva che la Corte Suprema «ha aggredito la libertà religiosa e la stessa Costituzione degli Stati Uniti». La diocesi spiega che «non c'è nessuna area grigia», che il segreto della confessione è assoluto, e che il sacerdote è stato istruito dal vescovo nell'unico modo possibile: non testimonierà sulla confessione e, se necessario, «andrà in prigione per violazione di un ordine della Corte piuttosto che violare il suo dovere sacro». Se si comportasse diversamente, incorrerebbe nella scomunica.
Il caso finirà probabilmente alla Corte Suprema federale, e ha un'importanza decisiva. Il riferimento all'Europa nella sentenza della Corte d'Appello non è casuale, perché è in Irlanda e altrove che si è già cercato di utilizzare i casi dei preti pedofili come grimaldello per eliminare la protezione giuridica del segreto della confessione. Nel 2011, quando ho svolto il mio mandato di Rappresentante per la lotta al razzismo, alla xenofobia e all'intolleranza e alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni all'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), mi sono scontrato in modo molto duro con il governo irlandese su questo punto. Il caso di Baton Rouge non riguarda, a rigore, i preti pedofili, ma la sentenza della Corte Suprema della Louisiana è figlia del panico morale creato amplificando tramite statistiche fasulle il dramma – purtroppo reale, e che nessuno vuole negare – della pedofilia nel clero.
Papa Francesco, che è davvero il Papa del sacramento della confessione, di cui parla spessissimo, ci ricorda quasi tutte le settimane che dove non c'è la confessione non c'è veramente la Chiesa Cattolica, perché lì smette di fluire il fiume di misericordia che viene da Gesù Cristo. Senza segreto della confessione non ci sarebbe più la confessione. Per questo, l'assalto dei poteri forti di questo mondo ora si rivolge contro il segreto del confessionale. Oggi in Louisiana, domani in Europa – anzi, già oggi anche in Europa.