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Marie Stopes, l’aberrante pioniera del femminismo<br>e dell’aborto. Un esempio<br>di cià da cui tenersi lontani
NEWS 16 Giugno 2014    

Marie Stopes, l’aberrante pioniera del femminismo
e dell’aborto. Un esempio
di cià da cui tenersi lontani

L'11 maggio è morto a 90 anni il filosofo Harry Stopes-Roe, figlio della paleontologa britannica Marie Stopes (1880-1958), ovvero la storica “madrina” del controllo delle nascite che ha dato il nome al più grande provider di aborti del Regno Unito, la Marie Stopes International.

 Sua madre, la «profetessa del femminismo» trattò quel «suo unico figlio come un esperimento sociale, vestendolo come una ragazza, scegliendo per lui fratelli adottivi che poi abbandonò», quattro in tutto, «e successivamente vittimizzando sua moglie con crudeltà». In gioventù a Harry fu anche proibita la lettura di libri, poiché la madre era convinta che imponessero ai bambini modelli precostituiti ostacolando lo sviluppo autonomo del loro pensiero. Ma il futuro filosofo «fino all’età di 11 anni fu obbligato a portare la gonna».

Un giorno Marie addirittura «intervenne a una conferenza di vescovi anglicani salutandoli così: “Signori miei, io vi parlo nel nome di Dio. Voi siete i suoi preti. Io sono la sua profetessa. Vi spiegherò i misteri dell’uomo e della donna”». Nondimeno la predicatrice dell’amore paritario riuscì a umiliare nel modo peggiore il suo primo marito, Reginald Ruggles Gates, un genetista canadese, chiedendo il divorzio due anni dopo le nozze perché il matrimonio non era mai stato consumato, cosa che rese l’impotenza sessuale del povero consorte una notizia di dominio pubblico. Del padre di suo figlio, il secondo marito Humphrey Roe, ricco filantropo, Marie Stopes invece si annoiò presto e dopo pochi anni lo costrinse a firmare una lettera (scritta sotto la sua dettatura) in cui lui la liberava dalla promesse matrimoniali e si impegnava a non entrare «nelle stanze di famiglia senza prima aver svolto tutte le faccende domestiche». La paladina della parità di genere non divorziò da Humphrey, ma lo allontanò da sé e dal figlio. «Ossessionata da Harry», continua il giornale britannico, la studiosa decise di dargli dei fratelli. Il primo, un orfano di tre anni, fu affidato a Marie dagli zii, che erano troppo poveri per mantenerlo; due anni più tardi tuttavia i due lo ripresero con sé, atterriti dalla scoperta che la donna lo frustava. Poi fu la volta di Dick, restituito ai servizi sociali, perché considerato una delusione. John, il terzo, fu preso e abbandonato da Marie Stopes perché secondo lei mancava di «abilità accademiche e letterarie e di sensibilità artistica». La stessa sorte toccò infine anche a Barry, che «non era adatto a vivere in una casa decente».

Poi il figlio Harry si innamorò di Mary Eyre Wallis, che la Stops non avrebbe potuto mai accettare come nuora. La colpa della ragazza? La miopia, segno, secondo la proto-eugenista, di quella debolezza genetica che la madre di tutti i femminismi sognava di eliminare dalla faccia della terra. «Mary e Harry – avrà occasione di scrivere– sono piuttosto insensibili nei confronti di ciò che è sbagliato per i loro figli, di ciò che è sbagliato per la mia famiglia e del crimine eugnetico». Si rifiutò di partecipare al matrimonio dei due e morendo non lasciò loro nulla della sua immensa eredità, «che invece finì alla Eugenics Society e alla Royal Society of Literature».

Marie Stopes era persino favorevole alla «sterilizzazione delle persone totalmente indatte alla genitorialità, compresi “gli inferiori, i depravati e i deboli di mente”». Inoltre «credeva nell’idea della “degenerazione razziale” causata dalle malattie sessualmente trasmissibili dalla “sovrappopolazione”». A un pranzo durante la Seconda guerra mondiale si rifiutò di vedere seduto al proprio tavolo un bambino ebreo rifugiato perché «avrebbe offeso gli ospiti». Nel 1942 scrisse una “poesia” che conteneva questi versi: «Cattolici, Prussiani/ Gli ebrei e i russi/ Sono tutti una maledizione/ O anche peggio». Non a caso l’icona del femminismo ammirava un certo Adolf Hitler, a cui scrisse una lettera agghiacciante: «Dear Herr Hitler, l’amore è la cosa più grande del mondo: accetterai quindi da me queste poesie che potresti far avere ai giovani della tua nazione? I giovani devono imparare ad amare dal particolare finché non saranno abbastanza saggi per l’universale. Spero che anche tu troverai qualcosa che ti piaccia nel libro».