L’ambientalista britannico George Monbiot “scopre” la causa dell’estinzione dei grandi animali preistorici e per annunciare la notizia al mondo sceglie le pagine “notoriamente scientifiche” del quotidiano The Guardian, famoso e impavido alfiere del progressismo in tutte le sue forme. A costringere all’estinzione i feroci e mastodontici progenitori degli animali moderni, dice Monbiot, è stato nientemeno che l’uomo: l’uomo con la sua avida sete di conquista e di potere, perseguita con serialità industriale. La caccia.
Ora, a parte che verrebbe da sorridere anche a un bambino al solo pensare che uno sparuto gruppo di umani seminomadi che si procaccia il minimo quotidianamente indispensabile per sopravvivere, e questo con fatiche enormi, in un ambiente a dir poco ostile e con il solo aiuto di lance di legno o di osso più qualche pietra, forse nemmeno il fuoco, possa determinare la scomparsa di animali giganteschi, agguerriti, agili, scattanti, robusti, perfettamente adattati al clima e parecchio numerosi, quel che conta è l’uso che Monbiot fa di questa “scienza”. Scrive infatti Monbiot: «Vuoi sapere chi siamo? Davvero? Credi di volerlo ma ti dispiacerà. Se hai una qualsiasi forma d’amore per il mondo, questo articolo ti inietterà un veleno, una tristezza che urta l’anima, senza un ovvio antidoto».
E la risposta di Monbiot è che noi umani siamo i protagonisti di «una follia assassina iniziata due milioni di anni fa». Quale? Ovviamente quella «che avvenne nelle savane africane», che «fu morte sin dall’inizio», insomma una vera e propria «distruzione dei mondi».
Sì, la cosa era sfuggita a tutti noi che ci lamentiamo dei milioni di morti fatti dai totalitarismi, delle feroci persecuzioni anticristiane che hanno popolato i secoli di martiri gloriosi, dell’ecatombe “democratica” dell’aborto che costa milioni e milioni di vite umane l’anno. E invece no: è la savana il nodo di tutto. La savana con le sue povere iene giganti, le sue povere “tigri dai denti a sciabola” e i suoi poveri “cani-orso” dalle zanne enormi che noi umani peggiori del peggior alieno cattivo abbiamo invaso senza pietà e spopolato impunemente. La savana dei poveri mostri, insomma, martoriata da quel virus supremo che non conosce ostacoli, assale i più deboli e stermina persino i più forti: noi uomini, intrusi inutili che ci ostiniamo a popolare la Terra e che nei casi più acuti rivendichiamo persino di essere la primizia del creato, fatti da Dio stesso a immagine e somiglianza di sé.
La savana: c’è da commuoversi. E tutto perché un giorno l’uomo, quell’essere sommamente reprobo, ha pensato di cambiare dieta passando da frutta e verdura alla carne, e così facendo si è lanciato in una violenta quanto sleale concorrenza con i grandi predatori, riuscendo monopolisticamente a sottrarre loro tutte le prede disponibili per costringerli poi alla scomparsa definitiva.
Roba da trascinare l’intero genere umano in un processo per crimini di guerra davanti a un tribunale internazionale speciale. Le prove del resto ci sono: sono le statistiche e le proiezioni nel passato che Monbiot cita da Scientific American e poi nientemeno che la recentissima “Oxford Megafauna Conference”, pensare che ancora una volta ce la siamo lasciata sfuggire…
Ne inferisce evoluzionisticamente Monbiot che quando l’uomo ancora assomigliava a uno irsuto scimmione bipede, i timori del popolo dei mostri della savana erano pochi: in fin dei conti l’uomo-scimmia era anche lui uno dei nuovi mostri, i suoi “crimini” rientravano nella media di quelli praticati sempre da tutti gli animali e la lentezza con cui li consumava consentiva agli altri di assimilare il processo. Ma quando l’uomo si è messo in testa di spiccare il balzo evolutivo decisivo, staccando di netto i vecchi mostri e sedendosi in cima alla catena alimentare con quella sua tipica spocchia che gli fa credere di essere il principe del creato, le cose sono radicalmente cambiate in peggio, provocando un accelerazione insostenibile e alla fine lo scempio. Per i vari Monbiot, cioè, l’evoluzione va benone finché lascia le bestie tra le bestie; ma quando tra le bestie spunta un essere diverso, la sua superiorità diviene marchio d’infamia. Il vero intruso, il vero diverso, il vero animale che non sa stare alle regole della natura, piegando tutto tirannicamente a sé, è l’uomo, quella micidiale arma di distruzione di massa scagliata contro l’incontaminata Gaia, che se pure è popolata di mostri, proprio questo è il suo bello.
Fa nulla se i grandi e famosi esempi di “megafauna” estinta sono scomparsi ben prima della comparsa dell’uomo sulla Terra; fa nulla, perché chi mai oserebbe ergersi contro l’“Oxford Megafauna Conference”?… Nessuno. E invece no: il buon senso sì.
Il biologo Enzo Pennetta, per esempio, si è messo di buzzo buono e, dopo avere ascoltato le accuse di Monbiot, ha spulciato i dati scientifici oggi acclarati, non da lui, ma dalla scienza paleontologica, la quale oggi questo afferma:
1. L’estinzione dei grandi predatori e dei grandi animali in genere non è riconducibile a cause umane, sia per via della ridotta popolazione umana nei periodi interessati, sia per l’assenza di prove della stessa presenza umana in quei contesti (così come non è sostenibile l’estinzione dell’Homo neanderthalensis da parte dell’Homo sapiens).
2. L’estinzione dei mammut è stata causata dalla frammentazione in gruppi molto piccoli, proprio come potrebbe essere avvenuto per l’Homo neanderthalensis.
3. In quest’ultimo caso viene confermata l’ipotesi che i meccanismi darwiniani portano all’estinzione e non all’evoluzion.
Ma, conclude Pennetta, «dall’articolo pubblicato sul Guardian esce tutta un’altra storia, una storia di propaganda animalista e antropofobica, una propaganda che viene accettata in modo acritico e diventa base indiscutibile per giudizi gravi, come quelli che si possono leggere negli oltre 1200 commenti a seguire l’articolo. Basta riportare il primo (condiviso da 139 persone): Boycott the human race. Per Monbiot andrebbe ipotizzato il reato di istigazione all’antropofobia». A noi continua tra l'altro a sbalordire il tasso di assertiva determinazione con cui certuni affermano, ascoltatissimi, "verità vere" su scenari di milioni di anni fa, quando nessuno era lì a vedere nessuno, salvo che magari gli storici autentici ancora insolubilmente si accapigliano per appurare dettagli di accadimenti vecchi solo di qualche anno e trasmessi in diretta televisiva…
(la fonte del simpaticissimo fotomontaggio dell'immagine che abbiamo usato è qui)