Sembra uno scherzo, ma invece è la pura verità.
Negli Stati Uniti, diverse organizzazioni, capitanate dalla più chiassosa e attiva di tutte, chiamata American Atheists, stanno da anni brigando affinché la famosa “Miracle Cross” sparisca da ogni ricordo del tragico attento che l’11 settembre 2001, spezzò in pochi istanti migliaia di vite a New York.
Due giorni dopo l’attentato, il 13 settembre, quando venne lanciata una massiccia – e lunga – operazione di bonifica e ripulitura del luogo dove sorgevano le Torri Gemelle, noto come Ground Zero, coperto da tonnellate di macerie e di cadaveri, uno degli operai, Frank Silecchia, scoprì in quella desolazione una croce alta più dei sei metri e derivante da quel che restava di due travi contorte di acciaio dell’edificio n. 6, uno dei molti abbattuti dall’attentato. Al posto del World Trade Center, era rimasto solo quel segno.
La croce di metallo divenne subito un luogo di pellegrinaggio e culto, e molti fra superstiti, parenti delle vittime e semplici cittadini o visitatori iniziarono a lasciarvi immagini, foto e preghiere. Ma presto la croce si rivelò essere un ostacolo ai lavori e Così Silecchia e i suoi colleghi, d’accordo con l’allora sindaco di New York, Rudolph Giuliani, spostarono la croce, montata sopra un piedistallo di cemento realizzato appositamente, il 4 ottobre per ridislocarla all’incrocio di quella che un tempo era Church Street, dopo che un sacerdote cattolico l’aveva solennemente benedetta.
Poi, sempre per fare spazio ai lavori di ricostruzione, la croce è stata nuovamente spostata e immagazzinata altrove, ma sempre con l’assicurazione che si trattava solo di eventi temporanei e che un giorno, a lavori ultimati, la “reliquia” sarebbe finalmente tornata per sempre al suo posto, nel luogo più adatto alla memoria. Fra tutti coloro che da sempre combattono strenuamente per la preservazione di quel particolare resto, il più indefesso è il frate francescano Brian Jordan.
Ma è proprio a questo punto che si sono scatenate le proteste degli atei (e di qualche organizzazione ebraica minore: la famosa Anti-Defamation League è invece pubblicamente favorevolissima alla croce), decisi a impedire che la croce figuri, come progettato, nel Museo ufficiale di Ground Zero.
La controversia è dunque finita in tribunale, raggiungendo nel 2013 un importante punto fermo allorché il giudice Deborah Batts della Corte d'Appello ha stabilito che il mostrare quella croce in pubblico non costituisce affatto un atto indebito di proselitismo da parte delle istituzioni pubbliche statunitensi e che quindi essa può e anzi deve stare dove le spetta. Ma gli Atei Americani, convinti che si tratti di una offesa alla laicità delle istituzioni, hanno fatto ricorso affinché la croce sparisca.
Megan Kelly, conduttrice dell'emittente FoxNews, ha efficacemente ricordato a David Silverman, presidente degli Atei Americani, che la croce di Ground Zero è certamente – evdientemente – un emblema cristiano, ma che nondimeno essa (la sua "stranezza" e il suo ritrovamento nel luogo del massacro) fanno parte di ciò che è successo per tutti a New York. Silverman risponde – con argomenti che se il contesto non fosse tragici farebbero ridere – che la croce discrimna gli atei e i credenti di altre religioni, ma davvero la conduttrice lo chiude in un angolo.
(IN INGLESE)