Sadad è un’antica cittadina cristiana siriaco-ortodossa che sorge nel deserto fa Homs e Damasco, tanto antica da essere nominata persino nella Bibbia. Nell’ottobre 2013, i «ribelli» dell’Esercito Libero Siriano hanno invaso e occupato Sadad, torturando e uccidendo 45 tra cristiani (fra cui donne e bambini), saccheggiandone e distruggendone le 14 chiese (alcune antichissime), e fra l’altro gettando in un pozzo 6 persone fra i 16 e i 90 di una famiglia cristiana. È passato del tempo, ma proprio per questo il ricordo di quella strage assurda non deve svanire dalla memoria, assorbito e diluito dalle troppe parole della «grande politica» internazionale, smarrito fra i tatticismi e le moine diplomatiche.
«Quello di Sadad è il più grave e il più grande massacro di cristiani avvenuto in Siria negli ultimi due anni e mezzo», ha infatti ben detto nell’occasione l’arcivescovo metropolita siriaco-ortodosso di Homs e Hama, Selwanos Boutros Alnemeh. «45 civili innocenti sono stati martirizzati senz’alcun motivo e fra loro parecchie donne e parecchi bambini, molti dei quali gettati in fosse comuni. Altri civili sono stati minacciati e terrorizzati. 30 sono stati feriti e 10 ancora mancano all’appello. Per uuna settimana 1500 famiglie sono state tenute in ostaggio e usate come scudi umani. Fra loro c’erano bambini, anziani, giovani, uomini e donne. […] Tutte le abitazioni di Sadad sono state derubate e i beni confiscati. Le chiese sono state danneggiate e dissacrate […]. Quello che è accaduto a Sadad è il più grande massacro di cristiani avvenuto in Siria e il secondo per vastità del Medioriente, dopo quello della Chiesa di Nostra Signora della salvezza in Iraq, nel 2010.
In questo filmato i «ribelli» festeggiano la «liberazione» della cittadina dalle truppe fedeli al regime di Damasco. Ma in questa assurda guerra civile il tributo di sangue maggiore la stanno ancora e sempre pagando i cristiani.
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