Ma chi era Fulton J. Sheen? E’ stato un arcivescovo americano, dal 1951 al 1966 ausiliare di New York, poi fino al suo ritiro pastore della diocesi di Rochester, sempre nello Stato di New York. In Italia è ancora relativamente poco conosciuto (ne ha parlato il Timone nel numero di maggio dell’anno scorso) ma il suo impatto sulla Chiesa americana del ‘900 è stato grandissimo. A distanza di decenni il suo ricordo e la sua fama non diminuiscono, anzi, continua a essere una delle figure più ricordate, i suoi libri e opuscoli sono regolarmente ristampati. Nato da una famiglia di origini irlandesi a El Paso, nell’Illinois, ordinato sacerdote a 24 anni, dopo gli studi a Lovanio e a Roma, tornò negli Stati Uniti e si mise in mostra per le sue doti di predicatore. I suoi primi interventi radiofonici ebbero un ottimo riscontro. Durante la guerra fu preso sotto la sua ala protettiva dall’arcivescovo di New York, il cardinale Francis Spellman. Venne ordinato vescovo e quando nel 1951, agli albori dell’epoca televisiva, l’arcidiocesi di New York decise di marcare la sua presenza nell’etere, gli fu assegnato un programma su un piccolo canale televisivo, il martedì sera alle 20. Si chiamava Life is worth living, la vita vale la pena di essere vissuta. Da solo, con il suo ieratico abito episcopale, in piedi, sullo sfondo di un libreria, a volte con l’ausilio di lavagna e gessetti, Sheen dava agli spettatori quelle che si potrebbero chiamare pillole di apologetica. Il successo fu tale che si occuparono di lui riviste come Time. Nel 1952 vinse uno dei più prestigiosi riconoscimenti televisivi di allora, un Emmy award. Lui ringraziò e citò gli autori che stavano dietro al successo del suo programma: Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Fu quindi spostato sul maggior network televisivo del Paese, Abc. Entrò nelle case di milioni di americani, di qualsiasi orientamento religioso. Oggi può sembrare normale, ma erano anni quelli in cui il sentimento anticattolico era ancora molto diffuso. Fulton Sheen rappresentò un cattolicesimo che usciva dal ghetto, sull’onda dell’espansione demografica e dell’emancipazione delle comunità italiane e irlandesi. Era un periodo d’oro della Chiesa americana. Le parrocchie si moltiplicavano, il sistema scolastico si affermava per prestigio e offerta, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa fiorivano (poco dopo tutto questo sarebbe stato investito, come da uno tsunami, dalla rivoluzione dei costumi degli anni ’60).