Roger Scruton (a sx), il filosofo inglese morto all’inizio di quest’anno che ha avuto il coraggio di denunciare il relativismo, l’islamismo, l’animalismo (si veda qui) e molti altri -ismi del mondo contemporaneo, ha dedicato la propria attenzione anche all’ambientalismo. Nel suo Come pensare seriamente al pianeta, ripreso a stralci su The Imaginative Conservative, Scruton va a (ri)stabilire una correlazione tra conservatorismo e ambiente, arrivando ad affermare che l’unica cosa che ha senso è un ambientalismo conservatore.
Per il filosofo, innanzitutto, ambiente e ambientalismo sono due questioni differenti, per quanto correlate, e che il secondo non sempre gioca a vantaggio del primo, e nemmeno della società. Il che, tuttavia, non significa eludere totalmente la questione, come fa una certa parte del mondo cosiddetto conservatore. Scrive Scruton: «Quando si tratta di politica ambientale […] la cosa peggiore che può accadere è che prevalgano i movimenti di sinistra e i loro portavoce mobilitati. La cosa migliore è che la gente comune, motivata da oikofilia (amore e affetto per la “casa”, ndR) vecchio stile, dovrebbe offrirsi volontaria per localizzare il problema, e quindi provare a risolverlo. Se stanno perdendo l’abitudine di farlo, ciò è in parte dovuto al fatto che i governi, rispondendo a gruppi di pressione e attivisti, hanno progressivamente confiscato i doveri dei cittadini e li hanno riversati nel flusso della regolamentazione». Inoltre, è pur vero che il tema si presta molto alle tendenze della sinistra. Ad ogni modo, la realtà dimostra che, se i cittadini si riuniscono per prendersi cura dell’ambiente in cui vivono, a trarne vantaggio è in primis, certo, l’ambiente stesso, ma anche la comunità nel suo complesso, perché il discorso non si circoscrive al solo ambiente naturale, bensì anche all’ambiente umano.
Insomma, lungi dal farne una bandiera ideologica cui inchinarsi sempre e comunque, come evidenziato in apertura, per Scruton un efficace ambientalismo è intrinsecamente conservatore nella sua natura e nella sua ispirazione.
CONSERVARE LA NATURA – PERCHÉ L’AMBIENTE È UN TEMA CARO ALLA DESTRA E AI CONSERVATORI
Ai giorni nostri, e all’interno dei nostri confini, a farsi portavoce di una posizione simile è il giovane editore Francesco Giubilei, che ha dedicato al tema un testo di recente uscita: Conservare la natura – Perché l’ambiente è un tema caro alla destra e ai conservatori (Ed. Giubilei Regnani).
«La tutela dell’ambiente», si legge nella presentazione del libro, «è un tema che appartiene a tutti i cittadini a prescindere dal loro credo politico e diventerà sempre più importante nei prossimi anni. […] Dietro battaglie giuste come la salvaguardia dell’ambiente e il contrasto all’inquinamento, si nasconde però il tentativo di diffondere un’ideologia globalista e contraria all’identità. È necessario perciò proporre una visione alternativa a questo ambientalismo che ha le proprie radici nel ’68 e si fonda su una visione anti-imprese, anti-crescita e non tiene conto delle esigenze sociali delle persone. Inoltre, la conservazione della natura è un tema da sempre caro al pensiero conservatore e alla destra e i partiti sovranisti, conservatori e liberali hanno il compito di non regalarlo alla sinistra […]».
Un giudizio, questo, che all’interno del libro Giubilei traduce anche rispetto al delicato rapporto tra la Chiesa e l’ambientalismo, soprattutto rispetto ad alcune posizioni che sembrano farsi largo nel mondo cattolico: «Per la Chiesa il flirt con il panteismo ecologista rischia di favorire un “paganesimo rivisitato alla luce dell’ecologia” che non ha nulla a che fare con la dottrina cattolica. Invece di seguire la linea promossa dalle istituzioni sovranazionali (come l’Unione Europea, che si basa su un ambientalismo globalista e del tutto secolarizzato), la Chiesa dovrebbe farsi portavoce di una tutela della natura di matrice identitaria, che coniughi la dottrina cristiana con i temi ambientali, a partire dalle scritture».
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