di Cornelio Fabro (1973)
…La difficoltà e la prova della fede è quella di essere nuovi nell’antico ed originali nel permanente, poiché appartiene all’uomo di essere produttivo con la libertà nell’ambito della verità ad ogni livello, anche in quello della fede e della salvezza. Lo spirito non è un canestro che riceve passivamente, ma un principio che attua se stesso «dirimendo» con la scelta l’alternativa della sua salvezza. È questo il progresso nella continuità e fedeltà alla tradizione secondo la regola aurea di Vincenzo di Lérins, entrata nei testi autentici del magistero: «Insegna le stesse cose che hai imparato così che dicendo in modo nuovo non dica cose nuove. Ma non ci sarà allora, si chiede subito, nella Chiesa di Cristo nessun progresso? E come! risponde, e grandissimo. E chi è mai l’uomo tanto invidioso agli uomini, tanto odioso a Dio che cercherebbe d’impedire questo? Beninteso, dev’essere un progresso, non un cambiamento: un autentico aumento per ciascuno e per tutti, per ogni uomo e per tutta la Chiesa ma nel medesimo dogma, nello stesso senso e nella stessa formula».
Chi pretende avanzare tagliando i ponti col passato, non avanza ma precipita nel vuoto, non incontra l’uomo storico in cammino verso il futuro della salvezza ma viene risucchiato dai gorghi del tempo senza speranza. La teologia contemporanea sembra in crisi proprio su questo punto, cioè quello della fede come tensione aperta fra i tempi della salvezza ch’è illuminata dalla presenza dello spirito di Cristo con la guida del Magistero della Chiesa. Di frequente spiriti illuminati manifestano gravi perplessità sull’indirizzo della nuova teologia «orizzontalistica» suscitando un incendio di proteste da parte degli interessati – senza però ancora ottenere quell’incontro e confronto sulle precise contestazioni a cui invitano – confermando così la realtà e gravità della situazione. Comunque, l’invito del Lerinese è sempre aperto.
Perciò ci si può chiedere: quale messaggio di salvezza può annunziare al mondo una teologia che demitizza gli eventi di salvezza, che lascia in ombra – qualcuno li nega o li omette completamente – i misteri e dogmi fondamentali del Cristianesimo per applicarsi unicamente alle strutture socio-politico-economiche dell’uomo rifiutando il mistero della caduta e della redenzione dell’uomo ridotti a mera «metafora»? Quale principio di rinnovamento può essere una teologia che secolarizza senza scrupoli la morale e, quasi vergognosa dell’ideale di purezza e povertà cristiana, irrompe anch’essa per un’esistenza all’insegna del piacere, al rifiuto del sacrificio, per la celebrazione aperta del sesso (pornoteologia): brevemente, per allinearsi alla lotta di classe, per proclamare l’innocenza liberatrice degli istinti con la brutalità della psicanalisi più retriva? Che deve fare il mondo, o cosa può fare di una teologia senza pudore, che disarma di fronte al male? Cosa può significare per la società consumistica, che sprofonda nella noia e nella ribellione dell’atto gratuito, una teologia che per salvare il mondo si abbevera al veleno che intossica il mondo?